Il primo incontro con
Lazzaro è stato imbarazzante. È riuscito a mettersi in contatto con me, così
sono andato a prenderlo all’aeroporto. A causa della mia paranoia, l’ho costretto
a dover imparare una serie di segnali in codice e parole d’ordine, e solo
quando siamo arrivati alla mia macchina ci siamo mostrati i nostri rispettivi
segni. «Piacere, D.E.M.» faccio io.
«Piacere, Lazzaro.»
risponde lui. Ci stringiamo la mano con calore.
Entriamo in auto «Prima
di tutto ti ringrazio ancora per aver risposto al mio appello, e ti chiedo
mille volte scusa per averti trascinato fin qui a risolvere i miei casini.»
dico.
Lui nicchia: «È sempre
un piacere aiutare gli altri.»
Ho letto il post che ha
mandato prima di partire: vorrei fargli delle domande, chiedergli come sta, chi
voleva salvare, ma un senso di pudore mi inibisce. Per fortuna è lui a spezzare
il momento di silenzio: «Da quanto hai scritto il carabiniere dovrebbe essere
ancora vivo. Lo sai, vero, che il mio potere funziona solo su chi è morto?»
Sospiro. «Lo so, ma non
sapevo a che santo votarmi. Hai letto il mio post, sai che casino ho combinato.
Sono stato preso dal panico, è un miracolo che non sia svenuto lì. Onestamente
non so come ci dovremmo comportare quando entreremo nella sua stanza.»
«Qualcosa ci
inventeremo.» risponde lui, cercando di tranquillizzarmi. «Sai dove lo tengono?»
«Per fortuna è qui
vicino, in Ancona, all’ospedale regionale. Però c’è un problema.»
«Quale?»
«All’inizio non era
stato fatto trapelare nulla, per salvare la sua copertura, ragion per cui ho
dovuto usare il mio potere per rintracciarlo. Poi però qualcuno, l’altro giorno,
ha parlato e l’ospedale si è riempito di giornalisti.»
«Un bel problema. Cosa
pensi di fare, ora?»
Gli spiego il mio
piano. Per fortuna, avevo avuto modo di girare l’ospedale andando a fare visita
a un conoscente ricoverato, quindi so più o meno come muovermi all’interno.
Finisco la spiegazione.
«È abbastanza rischioso.» fa lui.
«Lo so, ma è il meglio
che sono riuscito a escogitare. Se hai un’idea migliore sono tutt’orecchi.»
«Non saprei da che
parte cominciare.» confessa.
«Siamo d’accordo
allora.» rispondo io accendendo la macchina «Propongo di andare subito.»
«Ok.»
Entriamo mescolandoci
col flusso continuo di visitatori; per fortuna l’atrio è molto grande e
dispersivo. Arriviamo agli ascensori senza problemi, dribblando anche un paio
di teleoperatori della RAI che stanno prendendo un caffè da una macchinetta, e
ci ritroviamo nel reparto di rianimazione rimanendo praticamente anonimi. Apro
la porta antipanico e dò un’occhiata: l’orario di visita è quasi finito, ma ci
sono ancora diverse persone oltre il personale ospedaliero. Cerchiamo un bagno.
Entriamo e apro la borsa che ho portato con me: dentro ci sono due divise da
O.S.S. «Spero che ti stia bene.» faccio a Lazzaro «Mi sono dimenticato di
chiederti la taglia.»
«Non fa niente.»
risponde lui, e lo ripete anche quando scopriamo che la sua gli sta larga.
Usciamo, cercando di rimanere disinvolti e iniziamo a cercare la capo-sala.
Giriamo un angolo e a momenti mi viene un colpo. «Che c’è?» chiede Lazzaro. Lo
spingo dentro uno sgabuzzino. Poco dopo, un tizio con gli occhiali ci supera
senza accorgersi di noi «Quello lo conosco, fa il giornalista.» spiego a
Lazzaro «Se mi avesse visto…»
Continuiamo a cercare l’ufficio
della capo-sala. Per fortuna la troviamo, ed è anche sola.
«Voi chi siete?» chiede
lei. Lazzaro chiude la porta, io invece le ordino: «Portaci dal carabiniere
ferito. Se te lo chiedono, rispondi che è solo un controllo di routine.»
«Il carabiniere ferito
è morto dieci minuti fa.» risponde meccanicamente la donna «Sono andati a
chiamare la famiglia.»
Panico. Lazzaro si
piazza davanti a me e chiede alla donna: «È ancora nella sua stanza?»
Lei non risponde. «Chiediglielo
tu.» mi fa Lazzaro. Non reagisco. Allora mi strattona «D.E.M.! Svegliati!»
«OK, ti ordino di
rispondergli, anzi, d’ora in poi sarà lui a darti ordini.»
Ora è tutto nelle mani
del mio socio.