Quando Puffo e io apriamo la porta del garage, ci travolge una
zaffata aspra e marcia.
«Te lo dicevo che non lo uso mai,» si scusa Puffo.
«Dio santo, ci nascondi i cadaveri?» esclamo col naso tappato.
«Scusate, Vostra Altezza!»
Prima di farla pagare a Katia, ho pensato, devo trovare un luogo dove
sperimentare il mio potere, non posso andare da lei rischiando di
evocare di nuovo il leone. È vero che mi sta sulle palle, ma da lì
a bruciarla viva c’è un bel salto. Così Puffo mi ha detto di quel
garage sempre vuoto – lui la macchina non ce l’ha, la
proprietaria di casa abita sui colli e non andrà certo a riporre
l'auto lì.
«Pensavo,» continua Puffo, «che potremmo comprare degli estintori,
ne ho visti alcuni piccoli da quindici euro!»
«Grazie che mi aiuti così, sei proprio un amico!»
«Beh, alla fine, finché non bruci tutto, è divertente,»
ridacchia, «potrei diventare il tuo Archimede!»
«Chi?»
«Archimede Pitagorico, l’aiutante di Paperinik!»
Inarco un sopracciglio scettico. «Allora vedi di inventarmi qualche
super-arma!»
«Un costume va bene lo stesso?»
Con un sorriso, lascio cadere la conversazione: malgrado la mia
ostentata positività, sono profondamente angosciato.
In negozio, Katia mi pressa da morire, confabula continuamente con la
store-manager: in qualche modo il suo istinto sa che l'incendio è
stata colpa mia.
A casa, invece, A. sta fiutando l’aria di mistero e omissione che
mi circonda giorno dopo giorno. «Dove sei stato oggi?» e io lì a
inventare scuse. Ma come faccio a dirglielo? Se avesse paura di me?
Chi vorrebbe mai stare con uno così, uno che non so nemmeno come
definire (un super-eroe – certo, come no –, un mostro, uno
scherzo della natura)?
Diversi giorni dopo, il garage è pronto, pulito e coi suoi dieci
estintori rossi.
Al di là della questione del controllo, che devo assolutamente
risolvere, c’è un altro aspetto che mi stuzzica: quante creature
posso evocare? All'inizio pensavo fosse solo il lupo, poi è arrivato
anche il leone. Quante saranno in tutto?
Ho
portato con me delle immagini, visto che la prima volta il lupo è
apparso in seguito a un input visivo. Le foto sono di creature
mitologiche assortite e sì, lo ammetto, ce n'è qualcuna di Final
Fantasy. Oh, metti che riesco a
evocare Bahamut o Anima …!
«Ok,» esordisce Puffo, «vogliamo cominciare? Se finirò arso vivo,
mi avrai sulla coscienza.»
«Ci ho già pensato, evocherò questo!» e gli mostro l'immagine di
un piccolo coniglietto blu che tutto sembra tranne pericoloso. Mi
concentro, cercando di richiamare al mio fianco quella presenza
paffuta e zuccherosa.
Cinque minuti dopo sono ancora lì, in piedi, col foglio davanti alla
faccia, lo sguardo contratto come se stessi al cesso. Del coniglietto
neppure la minima traccia.
«Merda!» lancio via i fogli; le figure volteggiano per la stanza –
unicorni, chimere e spettri neri. «Questo cazzo di potere fa come
gli pare! Come faccio, se non riesco a controllarlo?»
«Dai, è solo la prima prova!» cerca di tranquillizzarmi Puffo.
«No, è inutile,» continuo a gridare, «vanno e vengono come
vogliono, non ho nessun controllo, non ce l'avrò mai! Sono una cazzo
di bomba a orologeria!!!»
Con
le dita tra i capelli, scoppio in un pianto isterico. Prima
o poi metterò in pericolo anche A., basterà un litigio e poi …!
Devo lasciarlo, tenerlo lontano da me, tutti dovranno stare lontani
da me!
Travolto dall'angoscia, quasi non sento la voce di Puffo che mi
chiama. Mi guarda e indica qualcosa alle mie spalle.
Quando
mi volto, non ci sono coniglietti né lupi o leoni di fuoco. Dietro
di me fluttua alto e nero uno spettro, il volto nascosto dal
cappuccio e le lunghe braccia grigie e scheletriche. Un misto tra un
Nazgûl
e un Dissennatore.
Lo spettro mi fissa dal buio del suo cappuccio e io lo fisso a mia
volta. La riconosco subito, la zona più oscura e nascosta
dell'animo, quella che tormenta fino alla disperazione, fino a
spegnere persino la luce del sole.
La riconosco subito, l'ho già combattuta altre volte. E so che posso
domarla.
Che cominci l'allenamento.
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