A sognare
qualcuno morire gli si allunga la vita…
Tutto è
relativo.
Il moto lo è.
Relativo intendo: ci vuole un sistema di riferimento affinché qualcosa possa
dirsi in movimento. Prendete la sensazione d’incertezza che si prova stando
seduti su un treno e guardando di fuori un altro treno affianco; a un certo
punto vedete i finestrini dell’altro vagone scivolare via e iniziate a
chiedervi chi è che si muove; è una sensazione straniante, come ritrovarsi
sospesi dentro il mondo seduti su una bolla. Eppure basta voltarsi dall’altra
parte e osservare il panorama di fuori per avere una risposta immediata su chi
si muove effettivamente.
Ma se dall’altra
parte ci fosse un altro treno a occupare la visuale cosa succederebbe?
Il tempo lo è. Quando
ci si diverte un’ora scappa via in un minuto e alla fine ti rimane il godimento
smorzato simile a un’eiaculazione frettolosa; se invece stai male non ti resta
che stringere i denti e strizzare gli occhi sotto una pioggia battente di
sudore, sperando di scorgere la fine tra le pieghe disorientanti del percorso.
E così io tengo
duro e vado avanti, mentre pesto le dita sulla tastiera e i miei occhi scorrono
le vostre parole. Ti ringrazio Portatore di Luce per la tua comprensione e
spero che con Max vada tutto per il meglio. Certo, annientare il mio potere con
te vicino potrebbe essere… non lo so: bello? Liberatorio? Traumatico? Probabilmente
tremendo, anche se per un giorno soltanto.
Io credo che
questo mio dono derivi da un sogno lontano che ricorreva quando ero piccolo; così
reale e ossessivo che alla fine si è mescolato con il desiderio e si è incastrato
con la realtà. Il fatto è che io questo potere lo voglio, l’ho desiderato
lungamente, MI SERVE.
Ho un fratello.
È morto.
Il fatto che
sia… fosse mio fratello maggiore è più che mai relativo. Lo è stato certo, fino
a quando io avevo dieci anni; nei tre anni successivi la distanza tra me e lui
si è accorciata. La sua morte è stata il punto fisso: il sistema di riferimento
per il moto della mia vita. L’ho raggiunto e superato e il tempo per lui adesso
come si misura? La sua data di nascita? Quella di morte? Da dove si parte, dove
finisce? A pensarci mi sento come costretto nello spazio angusto di un vagone
affiancato da due treni: mi manca l’aria, non so da che parte voltarmi per
ripartire.
Devo trovare dei
punti fissi. Uno è sicuramente dato dalle vostre storie che leggo su queste
pagine, l’altro può essere la mia famiglia, ma parlare ai miei genitori del
loro figlio morto non li rende obiettivi o maggiormente disposti a credere al
mio assurdo potere. Ci vuole qualcuno che sia in un certo senso estraneo a mio
fratello, ma tremendamente vicino a me: questa cosa non posso farla da solo!
«Ce la fai a
venire a casa domani?»
«Ma non devi
lavorare?»
«No, domani no.
Dai, stiamo un po’ insieme. Andiamo al mare.»
«Sicuro? Magari
preferisci riposarti invece che avermi in mezzo.»
«Preferisco
parlare: non l’ho fatto molto no?»
«Non l’hai
fatto per niente!»
Jessica! È lei
la persona ideale. Non ha conosciuto mio fratello, ma condivide sempre, sempre,
la follia delle mie azioni.
“Andiamo al
mare. Parliamo un po’. Andiamo a tirar fuori una bara da una tomba di marmo.”
Ho provato a
spiegarle questa follia prima di metterla in pratica insieme, ma la già labile
impalcatura è crollata quando le mie parole non hanno trovato riscontro, quando
afferrando fredde ossa che si sbriciolavano sotto la pioggia battente, quando
urlando, strepitando, non c’è stato nulla a dimostrare ai suoi occhi terrorizzati
che io fossi in grado di resuscitare i morti.
A sognare qualcuno morire gli si allunga la vita: vivere desiderando la
vita si va incontro alla morte.
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