giovedì 30 gennaio 2014

(C) Attivo - passivo

L’ultima volta che ho scritto ho promesso di parlarvi della parte attiva del mio potere di annullatore, dunque, che sia. Per scoprire di possederla devo tornare a quando ho scritto l’ultimo post, quel giorno erano accadute bizzarre anomalie e inizialmente non avevo intuito che fossero legate a me. La TV che non ne voleva sapere di accendersi, la sveglia deceduta definitivamente e, ciliegina sulla torta, il water indisposto allo scarico dell’acqua. Tutte queste cose, prese singolarmente, sarebbero semplici da spiegare, ma tutte nello stesso appartamento ed in contemporanea? Tutt’altro discorso.

 Ok, vivrò anche in un’abitazione dell’anteguerra ma non cade a pezzi… non ancora almeno.

Mi svegliai alle 8 e ricordo di aver desiderato che quella maledetta sveglia non funzionasse mai più, odio quel suo dannato suono acuto e costante, esso però, a differenza degli altri giorni, cessò dopo pochi secondi.

A causa di ciò mi alzai più tardi del dovuto e poc’anzi ebbi la sensazione che ci fosse stato un blackout, infatti la tv era priva della luce di stand-by, quindi andai a premere la leva del contatore, ancora in mutande, e la spostai, ma non ottenni il risultato desiderato.

I minuti di ritardo si stavano accumulando e mi precipitai a vestirmi di fretta, ma alle esigenze fisiche non si comanda e il fastidio alla vescica fu tanto opprimente da costringermi a varcare la soglia del bagno, pensai “devo pure perdere tempo per orinare adesso! Quanto vorrei non preoccuparmi anche di questo”, ovviamente la frase era in termini più gergali e poco consoni a un blog (ci tengo a mantenere un tono civile in ogni situazione), all’improvviso il tasto dello scarico era inamovibile, sgranai gli occhi e pensai a quanto mi sarebbe costato l’idraulico.

Messo in moto il mio catorcio mi recai al colloquio che avevo e mi ritrovai in mezzo al traffico con un beota dietro di me che non se la piantava di abusare del clacson, mi girai e gettai un’occhiataccia, quando la fila si mosse io proseguii per qualche metro a passo lento ma lui rimase bloccato nella sua vettura, pensai che stesse aspettando il momento opportuno per sorpassarmi ed invece lo vidi imprecare perché la macchina gli si era inchiodata in loco; la soddisfazione fu immane, ma al contempo capii che forse questi eventi, tutti loro, mi riguardavano.

Nella sala d’attesa dell’appuntamento analizzai il tutto, di tempo me ne fu concesso fin troppo.

In quelle due ore feci tentativi su tentativi e andarono tutti a segno, provai a desiderare che il funzionamento di qualcosa si annullasse e ciò avvenne, desiderai che tutte le macchinette del caffè non erogassero liquido e così fu, lo stesso per gli sportelli delle vetture parcheggiate vicino l’atrio che non si aprirono.

Ero estasiato ma anche spaventato e non poco, se avessi desiderato che il cuore di qualcuno smettesse di battere? Avrebbe funzionato? A quanto pare il mio potere attivo funziona ad area, quante vittime farebbe? Devo stare attento a ciò che penso ora e mi terrorizza il fatto che l’unico individuo che può annullare i poteri altrui, finora, sono soltanto io, per cui se ci fosse qualcuno con la medesima abilità sarebbe inutile perché ci sopprimeremmo i poteri a vicenda.

Per quel che riguarda il lato passivo invece, ora posso confermarvi che in mia presenza gli altrui segni sono bloccati, certo si vedono, ma non si può accedere alle abilità, ne ho trovato conferma nel ragazzo che si è svegliato dal coma, il barista di cui vi ho parlato ultimamente.

Mi è venuto a cercare e mi ha spiegato come funziona il suo segno, mi ha anche mostrato alcune sue opere di ghiaccio in miniatura nel congelatore di casa sua, ma mentre ero lì non ha MAI potuto congelare nulla, semplicemente il mio potere bloccava i circostanti.

Il mio segno sulla palpebra sinistra vibra leggermente quando ce ne è un altro nelle vicinanze, sono consapevole di reprimerlo, ma non ho idea di chi sia il portatore.

Se avete difficoltà nel gestire la vostra condizione contattatemi, non esitate, davvero.

mercoledì 29 gennaio 2014

Rabbia

Il 24 è statoil mio compleanno. Lo stesso giorno mi avrebbero tolto la stecca dal piede.

Nei due giorni precedenti costruivo ipotesi infinite sul come comportarmi rischiando di rivedere il laido della volta scorsa.

Dopo aver a lungo parlato della necessaria moderazione nell’utilizzo dei poteri che stiamo scoprendo, mi sentivo sulle spalle il peso della coscienza. Alle cinque del mattino del 24 mi sono alzata di pessimo umore dopo una notte del tutto insonne e sono andata in cucina per bere un caffè. Nel corridoio ho incrociato il coinquilino che andava a farsi la sua tradizionale doccia dell’alba prima di cominciare a studiare. Mi ha guardata stupefatto per quanto fossi mattiniera, gli ho grugnito che non mi ero mai addormentata e mi sono chiusa in cucina.

Dieci minuti dopo ero appoggiata contro lo stipite della finestra, assorta a guardare le nuvole grevi. Mi sono sentita battere due dita su una spalla e mi sono girata di soprassalto, versandomi addosso parte del caffè. Succede sempre quando sono soprapensiero. Mi sono voltata come una belva contro l’israeliano che ha questa maledetta abitudine di muoversi per casa silenzioso come un puma ma, prima che riuscissi a ricoprirlo di insulti, ha sgranato gli occhi e fatto due passi indietro.

Ci siamo fissati per un istante, fino a che il rumore della tazzina che precipitava dalle mie mani andando a sfracellarsi sul pavimento ci ha fatto sussultare.
“Chi era?” mi ha chiesto. Era arrabbiato e spaventato insieme.
Non ho dovuto chiedere a chi si riferisse, mi sono limitata a guardare desolata il mio caffè sulle piastrelle lavate il giorno prima e gli ho detto: “Siediti”
Aveva avuto l’allucinante esperienza di passare dai miei pensieri a quelli dell’uomo sconosciuto e ritorno nel giro di un breve flash. Alla fine della storia mi ha guardata con le sopracciglia aggrottate e ha detto: “Di nuovo.”
Tre volte gliel’ho dovuto raccontare. Tre volte, due tazze di caffè americano e sei sigarette dopo, si è convinto che dicessi la verità. Gli ho spiegato che sarei andata a farmi rimuovere la fasciatura.

“Vai sola?” ha chiesto.
“Non lo so.”
“Ti porto io.”

Un’ora dopo scendevo dalla sua auto e zampettavo sull’equilibrio precario e caparbio delle stampelle verso il pronto soccorso: dell’uomo neanche l’ombra. Approfittando della totale assenza di pazienti un’infermiera ha detto che ci saremmo sbrigate in pochi minuti di ambulatorio. Lui si è seduto scompostamente ad aspettare fuori, gambe larghe e braccia incrociate.

L’infermiera ha sciolto le fasce senza fare riferimenti alla cicatrice, ha controllato la funzionalità del dito e verificato che non fossi ancora gonfia. Sono uscita su entrambi i miei piedi, vivaddio.
L’israeliano si è alzato senza una parola. Stavamo andando via quando ho visto spuntare dalla porta la faccia porcina del medico della volta precente. In un istante i due uomini erano uno di fronte all’altro e ho pensato che sarebbe volato un pugno.

“Che vuoi?” ha chiesto il medico, naturalmente perplesso dall’atteggiamento aggressivo di un completo sconosciuto.
“Niente!” mi sono intromessa io. La mia mano è andata istintivamente sul braccio del mio amico per calmarlo.
In quel momento il medico mi ha toccato una spalla, salutandomi: “La signorina che aveva paura dei temporali. Visto? È di nuovo in piedi!”
Come una scarica elettrica la rabbia repressa dell’uno si è scagliata attraverso la mia mente contro la lussuria che stava nascendo nell’altro. Non sono stata che un tramite.
Il medico ha strabuzzato gli occhi, il respiro mozzato dallo spavento. Sentivo i battiti accelerati nel suo cuore rimbombare contro il mio. Mi sono istintivamente scostata da entrambi. L’israeliano ha continuato a guardare l’uomo minacciosamente mentre gli dicevo “Andiamo.”

In auto siamo stati zitti. Si ostina a non fare domande e tanto non avevo risposte da dargli.

Anch’io sono un’arma. Questo pensiero mi ha tolto il sonno.

venerdì 24 gennaio 2014

IL LEONE

Qui le cose si mettono male.
Sono giorni che non dormo più, quello che è successo il diciassette, quello che ho fatto il diciassette è stato terribile.
Ho bisogno di dirlo a qualcuno o rischio davvero di esplodere.

Venerdì diciassette è una giornata uggiosa, i portici e i campanili sono avvolti da una nebbia spettrale.
Appena arrivo in negozio, lo trovo gremito di clienti, bionde signore impellicciate e ragazze grasse che usano i leggins come pantaloni, che alle nove del mattino hanno la necessità di comprare una borsa nuova. Ma il peggio arriva quando vedo Katia venirmi incontro.
Katia – giusto perché lo sappiate – è la più grande rottura di palle che abbia mai camminato sulla faccia della Terra. Simile più a una cassettiera Ikea che a un essere umano, Katia è quella che ha sempre qualcosa di cui lamentarsi, quella che tu non fai mai bene niente, quella che ha sempre l'opinione giusta su tutto.
Insomma, so già che sarà una pessima giornata.
«Dai, muoviti,» esclama, «non vedi la gente che c'è?»
«Ciao, Katia, che bello vederti.»
Lei mi punta col faccione rotondo e dall'immensità del suo metro e sessanta cinguetta: «Non fare lo spiritoso, tu e io dobbiamo fare un discorsetto!»
«Katia, vorrei ricordarti che non sei tu la store-manager.»
«Non c'entra nulla, qui bisogna lavorare tutti e lavorare bene,» attacca quella, «no che uno fa le cose a caso e poi gli altri devono rimediare agli errori …»
«Senti,» taglio corto, frastornato. «Se devi dire qualcosa, dilla e basta.»
Katia socchiude gli occhietti porcini: «Ieri, quando hai sistemato il magazzino, l'hai fatto malissimo: non riuscivo a trovare niente! Ne ho parlato con la store-manager. Qui, caro mio, chi non lavora bene, se ne va! Chi vuol capire, capisca!»
Io rimango impalato sulla porta del negozio, incazzato ancor prima di entrare. Di sicuro ha detto alla store-manager che dovrebbe licenziarmi, figurati se 'sta troia …!
Reprimo un urlo rabbioso. Vaffanculo, tu e ‘sto cazzo di negozio e tutte le vecchie che vengono a comprare borse leopardate!
E poi quella sensazione.
La riconosco subito, il fiume che straripa, il mandala che si irradia al di là di me stesso. No, non qui, non adesso!
Zigzagando tra le clienti, mi lancio in magazzino, dove di solito noi commessi ci cambiamo. Mi appoggio alla porta e respiro. Devo dominarmi, non posso lasciare che accada qui in negozio.
Dal fondo dello stanzone intravedo un riflesso rosso-arancio. Una creatura a quattro zampe sbuca dagli scaffali gremiti di borse e scatoloni; è completamente avvolta nel fuoco; anzi, non avvolta, la creatura stessa è fuoco, un incendio vivente.
Non è il lupo dell'altra volta; gli assomiglia, ma è più possente e trabocca di furia selvaggia. Sembra più un leone.
E questo, trilla nella mia testa la voce di Cher, da dove salta fuori? Non l’hai visto da nessuna parte, come puoi averlo evocato?
Oh no, invece, l’ho visto nella mia mente, è un ricordo, ma potenziato.
Beh, sia quel che sia, insiste Cher, ora ti dai una calmata e lo mandi via! Concentrati su pensieri di pace e doma quel mostro.
In tutta risposta il leone si scaglia contro uno degli scaffali e lo rovescia: con un frastuono disordinato borse e scatoloni crollano a terra e divampano in un ruggito di fuoco.
«No! No! Fermati!»
Il leone non mi sente nemmeno, atterra con la zampa una pila di portafogli che s'incendiano in un istante.
«Basta! Fermati!»
Quello mi fissa col suo potente sguardo rosso. Potente molto più di me.
Non riesco a fermarlo! Sono come su un'auto in corsa, senza più freni, che continua ad accelerare e accelerare e accelerare …
Esci, vattene di qui, grida Cher. Ora!
Mi scaglio fuori dalla porta del magazzino gridando: «Al fuoco! Al fuoco!»
Il negozio si riempie di urla isteriche, mentre compaiono le prime code di fumo. Katia mi guarda, il viso ciccioso improvvisamente smunto dal terrore; ammutolita imbocca l’uscita.

Dalla vetrina, intravedo lampi di fuoco che divorano il magazzino. E mentre in lontananza riecheggiano le sirene dei pompieri, nel caos dell'incendio una sagoma gigantesca mi fissa coi suoi sinistri occhi rossi.

L'annullatore

Da settimane leggo questo blog e ho capito, scrutando i vostri post, di essere uno di voi.
Scusate se intervengo solo ora, ma oltre ad essere incredulo su tutta la questione, ero anche ignaro del mio “potenziale”. L’unico punto in comune che avevamo era la comparsa dello strano segno, si trova sulla palpebra del mio occhio sinistro.

Poteri sinistri per tiri mancini? “Abbasso i destrorsi” griderei … se non lo fossi anche io, ma queste sono piccole perle di saggezza che il mio cervello partorisce gratis e spara in momenti poco consoni perlopiù.

La mia esperienza? Tre settimane fa percepii un dolore lancinante all’occhio, ma non ci feci caso visto che ero al PC da più di 6 ore, un irritazione all’iride era comprensibile! Deve essere stato in quel momento che il marchio che ci accomuna tutti si è formato sulla mia palpebra.

Che potere ho? Nessuno o forse …

Scoperto questo blog ho sentito un brivido lungo la schiena, si dice sia l’amigdala a farci avvertire il pericolo, io ho ricordato di aver già visto qualcuno con questo nostro segno, lo aveva sulla mano e l’ho incontrato 2 settimane fa.

Ero in un bar squallido dove ero stato trascinato a forza dagli amici, uno di quelli che aprono per poco e poi chiudono visto la feccia che li frequenta, i gestori di questi posti per tossici tendono a rispecchiare la clientela e questo non faceva eccezione.

Uno dei ragazzi che era con me disse “questa birra è un iceberg”, orecchiai frasi simili più volte. Non mi andava di prendere qualcosa da bere in un locale tanto sporco, ma l’olezzo di sigarette mi infiammava la gola e dovetti dirigermi verso il bancone a ordinare qualcosa di fresco per non “essiccarmi”.
Il barista mi guardò con occhi piccoli, completamente eclissati dalle occhiaie viola, mi chiese che desideravo, lì vidi che aveva il segno sul dorso della mano destra, anche se in quell’istante pensai solo”pessima cicatrice”.
Questo mi fissa e mi fa “Birra congelata, vuoi assaggiare?”

Risposi che non bevevo alcolici in quanto astemio, soprattutto perché sembrava una frase in codice per acquistare roba, lui, per tutta risposta, mi afferra un braccio e iracondo strilla “Adesso vediamo se le risposte fredde ti si addicono ancora”.
La sua mano era gelida, non è strano se pensiamo che aveva servito birre tutta la sera, ma la sua reazione fu da allucinogeni: mi squadra con aria soddisfatta per 2 secondi, poi stringe più forte, comincia a urlare che è sparito, che non sa che fare nella vita senza (senza cosa? Chiedetelo a lui, ci voleva l’interprete), il tutto privo di soggetto o grammatica.
Passati 10 secondi con questo tizio attaccato gli intimo di “scrostarsi”, sembrava nemmeno fosse più sul nostro pianeta.
La roba che si era calato? Altro? So solo che guardò il soffitto e cadde svenuto.

Ripeto, era un posto di bassa lega, nessuno chiamò un’ambulanza, avrebbe attirato sbirri. Un altro di quegli sciattoni lo caricò in auto, seppi in seguito che venne lasciato davanti la porta del pronto soccorso, manco fosse spazzatura. Il barista è entrato in coma a causa del cocktail di sostanze che aveva in corpo.

Da quel giorno … più nessuno con il nostro segno.

Credo che a ognuno il potere si attivi per una motivazione diversa, nel mio caso l’apatia e il desiderio di uscirne, avrei voluto annullare l’esistenza di quella gente, di quel posto, personalmente suppongo di aver bloccato il ”talento” del barista.
Supposizione, ovvio, ma c’è chi giura che dovesse portare i guanti per non congelare i vetri delle bottiglie mentre le scaricava dal furgone dei fornitori. Leggende da tossici ? C’è anche una parte attiva nel mio potere.

Ve la racconterò quando saprò come gestirla.

Non posso garantirvi che in mia presenza i poteri non si attivino, chi è ridotto in miniatura o si teletrasporta senza desiderarlo mi contatti, io verrò. Finché sarò lì sarete “normali” .
Preferirei nascondere la mia identità, vorrei portare un bagliore di speranza a chi vive con cruccio questa situazione, da qui ho scelto lo pseudonimo di “Portatore di luce”.

mercoledì 22 gennaio 2014

Non ce la faccio a rilassarmi

È da un po’ che non scrivo su questo blog. Mi ha fatto piacere ritrovare Sybil. Senza di lei non esisterebbe niente di tutto questo, e molti di noi sarebbero rimasti soli a brancolare nel buio. Potremmo dire che questo spazio è una specie di seduta di terapia di gruppo: “Ciao, il mio nome è D.E.M. e sono anche io un “segnato”. J
Scherzi a parte, sono consapevole che le mie azioni potrebbero dare il via a tutta una serie di casini che neanche io potrei risolvere (il famoso “effetto farfalla, giusto?). Forse è anche per questo che il mio livello di stress è aumentato di recente.
La mia attività parallela di giustiziere aiuta in parte a rilassarmi (detto tra noi, se nei prossimi giorni si diffonderà la notizia di un sequestro record di droga in un porto italiano, probabilmente ci sarà il mio zampino dietro. ;-) ), però sembra che per ogni ingiustizia che riesco a raddrizzare me ne compaiano sotto gli occhi altre dieci.
È frustrante.
Dovete sapere che mi sono sempre vantato della mia forza di volontà. Come, per esempio, quando mi sono messo a dieta: sono riuscito a seguire le indicazioni del dietologo senza sgarrare, fino alla fine. Mi ero messo in testa un obbiettivo e neanche le feste di Natale o i pranzi dei matrimoni mi hanno convinto a deviare dal mio percorso. Infatti il complimento principale che mi faceva la gente era proprio quello di non aver ceduto alla tentazione e di aver portato la dieta fino in fondo.
Ma tutto questo è diverso. Più passa il tempo e meno resisto alla voglia di fare qualche dispetto o ripicca  anche a quelli che sono semplicemente maleducati o distratti, che non fanno lo stop agli incroci o fanno i furbi quando sono in coda alle poste. Senza contare che devo pensare alla mia vita privata. Dopo mesi di contratti a tempo determinato non ce l’ho fatta e sono andato in uno dei posti dove avevo lavorato e ho usato la “Voce” per convincerli a riassumermi, ma questa volta in pianta stabile. Inutile dire com’è andata. Ma è da allora che evito di guardarmi allo specchio. Mi vergogno di me stesso. Sarà il mio carattere, ma non riesco a divertirmi come suggerisce Perspicua.
Senza contare quella vocetta sempre più insistente che continua a ronzarmi in testa, e che come il diavoletto dei cartoni animati mi suggerisce che cosa dovrei fare in realtà e su chi usare il mio potere. Soldi, sesso e potere, è questo che ripete anche quando dormo.
A casa non sembra che si siano accorti di niente. Cioè, vedono che sono nervoso - non sono ciechi – ma, per fortuna, non hanno indovinato i veri motivi. Meglio così, perché non userò MAI la Voce sulla mia famiglia. Preferirei ammazzarmi, piuttosto.

In conclusione, stavo pensando di ricorrere allo yoga. Qualcuno di voi sa se mi aiuterebbe?

20 GOTO 10



Devo ringraziare Perspicua, per il suo post in cui chiedeva se le cose che ci stanno accadendo sono legate al nostro passato. Grazie a lei mi è venuta l’idea di  scendere in cantina, incuriosito dal poter trovare qualcosa che confutasse la sua tesi. Non trovato nulla che potesse confermare (o negare) la sua idea. Ma ho trovato moltissime cose interessanti, per me.

Come forse avrete capito dal mio post precedente, l’idea di poter in qualche modo avere la possibilità di modificare una data informazione nella mente di qualcuno mi affascinava in maniera morbosa. Non riuscivo a pensare ad altro. Forse il mio potere non si limitava, per quanto utile, a leggere nella memoria a lungo termine di un soggetto, se la mente funziona come un computer, forse, e dico forse, potevo capire come modificare quel determinato ricordo. Magari cancellandolo, o semplicemente (e più correttamente) sovrascrivendolo.

Rovistando nella cantina dei miei, come Bilbo Baggin nel tesoro di Smaug; tra le montagne di cianfrusaglie, libri, elettrodomestici rotti, porte ammaccate e giocattoli, (come avrete capito, i miei tendono a non buttare via niente, ma proprio niente, e questo forse è stato il motivo della mia scoperta) ho ritrovato dei libri che mi erano stati regalati alla fine degli anni ’80, in piena era Commodore 64.

Ricordo ancora le interminabili ore passate giocando con quel pseudo computer. Mi staccavo solo quando la tv ad esso collegata era necessaria a mio padre per guardare il TG. I miei, specialmente mia madre, erano decisamente preoccupati di questo atteggiamento molto “autistico”. Per loro non era normale stare ore e ore davanti a quella “cosa”, piuttosto che andare a giocare a pallone con gli amichetti di scuola.
Viceversa mio zio, appassionato di tecnologia e proprietario anch’esso di un C16 e successivamente di un C64 era sempre pronto a leggere e discutere di personal computer. Fu lui a regalarmi una guida, o meglio una vera e propria enciclopedia, per imparare a programmare in BASIC.

Volume 1, capitolo 1, Comunicare con la Macchina.

Ora ho trovato la mia Archengemma, ora posso diventare il re sotto la montagna.

A presto!
D.

lunedì 20 gennaio 2014

Ogni scarrafone è bello a mamma sua

Il mio vicino di casa ha sempre un sorriso smagliante, una cosa indegna, sembra una pubblicità semovente del Colgate o il gatto del Chesire più brutto e molto meno coccoloso. La moglie invece è una stronza con il turbo, e basta cogliere uno stralcio di conversazione tra loro per chiedersi come mai lui non l'abbia ancora uccisa, perché gli darebbero pure delle attenuanti.
L'apparente stabilità del loro rapporto mi ha lasciato assai perplessa per un paio di mesi, finché una domenica pomeriggio non ho sentito dei rumori arrivare attraverso la parete in comune. Mi è bastato far aderire un bicchiere al muro per scoprire che: a) il mio vicino stava urlando b) lo stava facendo molto forte e soprattutto c) stava insultando sua moglie, la quale con ogni evidenza non era on the premises.
Elementare Watson, quando il gatto non c'è i topi ballano e quando la sua agra metà non c'è il vicino si scarica, sempre la domenica, sempre alla stessa ora.
Questo lunghissimo preambolo per arrivare al punto: noi stiamo facendo la stessa cosa. Usiamo questo blog come sfogo, per poi uscire nel mondo reale e fare finta che tutto sia normale, magari sfoggiando anche un sorriso scintillante e del tutto fasullo.
Detto questo, sappiatelo: vivere in un labirinto di riflessi non fa bene. Dopo un po' ti sembra di essere intrappolato in qualche casa degli specchi da lunapark, e con nemmeno la consolazione dello zucchero filato.
Dopo il mio shopping estremo su internet è passata una settimana intera prima che succedesse qualcosa. Sette estenuanti giorni ad incontrare il tuo stesso sguardo mentre svolti il corridoio, guardi la tv, fai colazione la mattina appena sveglia (non una bella visione). Per non parlare della reazione degli abitanti felini della casa, cinque gatti alle prese con cinque intrusi del tutto identici: qualsiasi catlover si può immaginare il seguito.
E poi una mattina che pioveva forte, la radio a borbottare di sottofondo per tenermi compagnia mentre passo lo straccio, mi sono vista in uno degli specchi, il secchio in una mano e il mocio nell'altra, e ho pensato (solo perché tutte le volte che lavo il pavimento mi viene in mente mia madre) a come sarebbe vivere ancora in Liguria, con una serie di malinconici what if attaccati dietro a scodinzolare.
Il riflesso ha sussultato e la stanza al di là del vetro è cambiata: piastrelle azzurre, un termosifone a parete carico di asciugamani. La solita sensazione di essere sia tirata che spinta e poi WHUP!, mi sono ritrovata altrove. Questa volta vestita, per fortuna. Altrove o per essere più precisi nel bagno di mia madre, a più di 300 km e tre regioni di distanza dalla città dove vivo.
In casa non c'era nessuno ma mentre saltellavo davanti allo specchio (le gatte di mia madre a guardarmi come se fossi scema) d'improvviso ha iniziato a girarmi la testa e flop! Schermo nero, caput, il primo svenimento della mia vita. A forza di leggere romanzi mi ero fatta l'idea (del tutto assurda, lo ammetto) che svenire fosse romantico, invece fa un gran male, soprattutto quando cadi come una pera cotta sul pavimento e non tra le braccia del principe azzurro.
Al suo ritorno mia madre mi ha trovato sdraiata sul tappeto del bagno con Micia e Nocina acciambellate sopra.
“Non è che non sono contenta di vederti,” mi ha detto, “ma cosa fai per terra?”
Attimo di panico, poi il calendario appeso di fianco alla lavatrice è venuto in mio soccorso. Mi sono alzata, sfoggiando il sorriso migliore del mio scarso repertorio, e le ho dato un bacio.
“Lo sai che ho la pressione bassa, mi sono dovuta stendere. Auguri di buon compleanno in anticipo, ho pensato di farti una sorpresa. Andiamo a pranzo fuori? Offro io.”
L'amore materno per fortuna rende ciechi: non mi ha chiesto perché ero vestita da casa.

Pranzo in famiglia

Che ingenuo che sono stato. Pensavo che una volta tornato alle mie dimensioni tutto si sarebbe risolto: avrei tranquillizzato mia madre, sarei tornato a lavoro e tutto come prima. Invece, ironia della sorte, sfiga, chiamatela come vi pare, tutto è rimasto pressappoco uguale.
Per tornare delle dimensioni giuste devo tenere gli addominali tirati in un certo modo - no, D.: non riesco a cambiare le dimensioni oltre questi due estremi - il che significa che, dopo un po’, mi vengono i crampi e devo tornare come prima. Però, mi son detto, posso andare da mia madre, così mi vede e si tranquillizza un po’.
Non mi aspettavo che mi incastrasse per pranzo. Né tutte le domande che sono seguite.
“Dove sei stato per tutte le feste?”
“A Milano. Avevano bisogno di un controllore su.”
“Perché quando sei tornato non sei passato a trovarci.”
“Sono stato male.”
“Posso venire a casa tua? Ti aiuto a pulire.”
“No, non serve faccio da solo.”
“E a lavoro?”
“E’ scaduto il contratto, non mi hanno rinnovato.”
Bugie su bugie. Il senso di colpa era diventato più duro da sopportare della tensione agli addominali. Riuscivo a mangiare a stento. Se avete una madre vecchia maniera, potete immaginare l’ansia che ha assalito la mia a vedermi lasciare metà del piatto di pasta ed assaggiare appena la carne. In preda alla preoccupazione, si è messa a fare le patatine fritte - dai, chi di voi riesce a resistere alle patatine fritte della mamma.
Poi mio padre mi ha chiesto quando gli facevo conoscere la fidanzata. E non ce l’ho più fatta. Ho detto che mi ha ricominciato a far male lo stomaco e che avevo lasciato le medicine a casa - altre bugie - e sono scappato.
Secondo voi, come faccio a trovarmi una fidanzata quando sono alto 30 centimetri? Ma, soprattutto, cosa dovrei farci con quella che per me è un gigante? - per favore, non rispondete: non sono in vena di battute sulle dimensioni.

Ho visto che molti di voi stanno trovando un impiego dei vostri poteri, ma non riesco a trovare un vero impiego per i miei. Un impiego diverso dal cosplay a grandezza naturale di Mokona per intenderci. Ho accarezzato l’idea di svaligiare una banca, ma non è un forno. Persino il supermercato è Fort Nox per me. Oppure, quale lavoro onesto posso svolgere altro 30 centimetri?

Forse dovremmo mettere su veramente una squadra di super eroi, almeno avrei qualcosa di meglio da fare che chiudermi in casa.

Almeno, prima di andar via, mia madre mi ha ficcato in mano una busta del pane piena di patatine.

sabato 18 gennaio 2014

E se fosse divertente?

Per quello che mi riguarda devo ammettere che un cambiamento c'è stato.
Sostanziale, direi.
Sparita la cicatrice?
No, tutt'altro, è sempre più netta.
E' che ho seguito parzialmente il consiglio di mio fratello; invece di andare da uno psicologo, mi sono comprata una pila di libri sul pensiero positivo, cose strane new age. Quindi, alla fine, mi sto convincendo che tutto questo abbia un senso e, per dirla tutta, che è quasi divertente.
Una vita intera passata a lamentarmi continuamente, a piangermi addosso, per arrivare a concludere che sono stata patetica.
Torno a casa con la valigia piena di teorie di Echkart Tolle, Louise Hay, Deepak Chopra, Norman Peale, e scopro alla tenera età di quarant'anni che forse non è tutto da buttare.
Mi presento in televisione con le energie ricaricate e trovo tutto come lo avevo lasciato. Del pazzo omicida seriale nessuna traccia da un po', in compenso l'influenza ha messo al tappeto mezza redazione. Il capo mi chiede se posso gentilmente aiutarli in qualche turno di conduzione del telegiornale.
E' una cosa che odio ma dico sì, in fin dei conti mi hanno sempre trattata con i guanti bianchi, cosa che nella mia caotica metropoli è impensabile.
Le telecamere funzionano perfettamente ma quando arrivo io a sedermi sulla poltrona, iniziano a fare le bizze.
Non c'è verso di mettermi a fuoco.
Il regista impazzisce, mi lancia degli accidenti da far impallidire: scopro che le bestemmie conosciute in Toscana sono molto più articolate di quanto pensassi.
Nel monitor di servizio vedo tutto, non sono mica scema. Le luci sono accese, con quei fari potenti che mettono in evidenza ogni singolo difetto della pelle e dei capelli. Farebbero prima a mandare in onda una radiografia.
«Guarda dritto per favore – sento rimbombare dalle casse – e sorridi, se ti riesce».
Alzo lo sguardo e accenno una smorfia, cercando di evitare di vedere l'effetto finale.
«Ferma, porca puttana, che non riesco a metterti a fuoco» sento gridare dalla regia.
Dieci minuti al tg ed io sono completamente sfuocata.
Entra il regista nello studio sbattendo la porta, mi fa alzare spintonandomi di lato e mette un vaso al mio posto, sulla scrivania. Il vaso è a fuoco, perfettamente.
«E che cazzo – mi sputa in faccia il collega – sei tu che porti male. Com'è possibile che sembri trasparente? Vivi forse accanto ad una centrale nucleare?»
Una cosa del genere, fino a qualche mese fa, mi avrebbe fatto piangere senza ritegno.
Adesso invece mi sento incredibilmente forte, percepisco l'adrenalina che scorre come un torrente nel mio corpo, sono compiaciuta.
Arrivo ad una conclusione: è lo stress allo stato puro a farmi diventare invisibile. Quando capita davanti agli occhi della gente, in qualche modo, la mia immagine resta visibile, sebbene traballante. Quando non c'è nessuno, semplicemente, svanisco.
Una sorta di ancora che getta la mia coscienza, probabilmente. E se invece mi lascio andare completamente, posso diventare invisibile quando voglio…
Beh, ragazzi, sapete cosa vi dico?

Che non c'è da disperarsi, anzi. C'è materiale per divertirsi un bel po', alla faccia di tutti.

venerdì 17 gennaio 2014

Vita, non-vita, caos puro

Salve a tutti da Samael!

Innanzi tutto, Sibyl mi pare una dei pochi qui dentro ad aver capito come fare a sopravvivere inquesto mondo dove noi poveri marchiati siamo una minoranza.
Quantomeno non ha manie di grandezza, e questo è un pensiero incoraggiante.

Per quanto riguarda me, mi sono accorto che da quando ho assorbito le ceneri di un paio di vulcani qualcosa in me è cambiato. Il Sant Helens in particolare mi ha donato un nuovo calore, e l'ho testato su un paio di tortore. Ora posso incenerire piccoli bersagli a distanza, e le ceneri di quelle povere creature sono diventate parte di me. Ho conseguentemente notato che le mie ferite residue dal lavoro sono immediatamente guarite.

Non so che dire... mi sento un angelo della morte...
Ma tranquilli, non ho alcuna intenzione di diventare un maniaco omicida, l'idea di uccidere qualcuno mi fa ribrezzo.

Il mio scopo è solo vivere normalmente, servendo e proteggendo la ragazza che amo.

Samael

Divertirsi o impegnarsi?


In questi giorni, specialmente dopo la domanda che si è fatto D.E.M., mi sono ritrovata a riflettere.
Credo di ritenermi una persona fondamentalmente buona, ma scarseggio di coraggio, eccezione fatta per quando vengo messa alle strette oppure esplodo di rabbia. Situazioni non esattamente abituali.
Ieri ho visto due tizi, in treno, che infastidivano e schernivano un ragazzino. Avrei voluto fare qualcosa, ma alla fine cosa fai? Cosa dici, da comune mortale, senza venir preso di mira? Tra l’altro ho un potere socialmente inutile… a meno che io non voglia creare il terrore attorno a me.
Mi sento un po’ SpiderMan, devo ammetterlo! Mi ero sempre chiesta perché mai le persone dovessero dubitare o aver paura di lui, o di qualsiasi altro supereroe, che li aiutava e li salvava. Certo che ora, stando potenzialmente dall’altro lato della barricata, la risposta mi appare chiara: se quello seduto accanto a me mutasse o utilizzasse qualche potere da film (come posso fare io), mi stesse anche salvando la vita, sarei terrorizzata.
In ogni caso, lo sviluppo dei miei poteri procede bene. Mi fa pure perdere peso, è una gioia! Devo solo dosare l’emotività che inserisco in pensieri e affermazioni: se mi controllo un po’ di più, i cambiamenti indesiderati sono molto meno frequenti e anche meno visibili. Anche se odio controllarmi…
Ora, che dire? La riflessione di Sybil mi ha scosso ancora di più.
Sono d’accordo con lei, soprattutto per quanto concerne il sole. Diciamo allora che io sono con lei, o con te visto che leggi i nostri post, ma per adesso mi limito a nascondermi.
Nascondermi un po’ dal mondo e un po’ da chi mi crea fastidi. Non avete idea di quanto sia comodo mescolarsi due minuti nella folla e mutare anche solo una manciata di caratteristiche! Non ti riconosce più nessuno.
In onore della mia amata Marvel, credo risponderò alle eventuali chiamate al bene. O comunque, eviterò di combinare casini con i miei poteri. Tra l’altro, io non vorrei mai comandare… Per cui, è un motivo in più per seguire qualcun altro e non agire da sola. E te, Sybil, parli bene. Inoltre sei la prima segnata, a quanto pare.
Forse le nostre origini sono legate… Forse siamo tutti una sorta di grande famiglia. Ci ho pensato molto poco, a questo, sarò sincera. Ma la soluzione per ora è solo una: cerchiamo di andare d’accordo, no?
Un’altra cosa che sottoscrivo è quella di vedere cosa possiamo fare. E di aiutarci. E per ora siamo in due sulla stessa lunghezza d’onda.

Ciao a tutti,
Maria.

mercoledì 15 gennaio 2014

Chi comanda. E chi no.

Non sono sparita. Ho controllato questa pagina cento volte, sempre con il terrore di trovare un’altra storia spaventosa e inspiegabile come la mia. Ne ho trovate fin troppe. .

Un’ora fa ho bevuto del tè rimuginando: alla fine ho sciolto le bende febbrilmente e ho rimosso la stecca d’acciaio. Il mio piede sinistro è coperto per metà da un ematoma scuro ma sulla pelle rimasta chiara, dove si incrociano i tendini, c’è il segno. Sembra davvero la doppia S spigolosa di quel porco di Himmler.

Il mio coinquilino passando davanti alla mia porta mi ha trovata con le bende in una mano e la stecca d’acciaio nell’altra. Ha ben pensato di piombare in camera puntandomi contro un dito alla maniera di Torquemada: “Perché tu hai sciolto la fasciatura? Tu dovevi aspettare ancora sette giorni.”

E’ un israeliano. Un ragazzo assolutamente discreto che studia medicina. Quando si tratta di questo genere di cose però si scorda la discrezione e si lancia in paternali. Ha stretto la fascia con quaranta giri di nastro telato. Non ha chiesto niente di quello strano segno, come se non esistesse. Mi ha ordinato di rimanere a letto, mi ha portato un pacco di biscotti e una penna usb su cui aveva caricato un paio di puntate del Trono di Spade. Il diktat è stato “Distraiti”.

 Mi ha dato una paio di pacche sulla testa come si farebbe ad un cane e io in quel momento ho visto, vivide come se fosse realmente davanti ai miei occhi, il profilo d’oro delle dune di un deserto contro l’azzurro abbagliante di un cielo terso. Lui non si è accorto di niente: è uscito dalla stanza chiudendo la porta e lasciandomi con un grosso senso di colpa a rimbombarmi nel cuore. Tornerà per qualche settimana in Israele e sta già pensando al deserto. Non avevo diritto di vederlo anch’io.

Mi sono posta domande che fino a quel momento non avevo avuto la lucidità di mettere a fuoco e ho saputo rispondere. Da questo blog è cominciato tutto, per questo motivo mi arrogo il diritto di prendere le briglie della situazione.

Molti hanno ripetuto la frase “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Lo ha fatto Dem, con timore, lo ha fatto Orso Boris soltanto per riderne. Qualcuno, come lo scoppiato che si introduce nottetempo in casa della gente osservando i bambini dormire, e come il figlio di papà che continua a dire che piove sempre sul bagnato, sta tenendo un approccio alla questione che non tollererò ulteriormente.

Da ora in avanti tutti coloro che hanno necessità di comprendere le proprie nuove capacità per metterle al servizio degli altri o per nascondersi meglio troveranno in me il massimo sostegno.

A coloro che stanno facendosi prendere la mano dalla questione invece dico: tornate a pensare da mortali, ricordate che in questo momento siamo una minoranza e che abbiamo necessità di collaborare gli uni con gli altri fino a che non faremo chiarezza. Se cominciate fin d'ora a comportarvi da lupi solitari sarete i primi a cadere.

Mi sono chiesta a lungo se è il caso di indagare in merito all’origine della nostra mutazione.

No, non ancora. Concentriamoci su quello che è certo e concreto, sperimentiamo, apprendiamo. Solo quando saremo a nostro agio con queste nuove esistenze avremo la lucidità di andare all’origine di tutto e di accettare anche verità scomode, ma non è ancora tempo.

Passiamo ai fatti: Max Steel dimmi come possiamo raggiungerti, in qualunque parte d’Italia tu sia. Dammi l’indirizzo preciso e qualcuno di noi ti porterà da bere e da mangiare senza che tu debba rischiare la vita.

Per coloro che hanno paura, come Eidolon, ricordate quel che ha scritto Samael: sfruttate le vostre nuove capacità per mettere alla prova la vostra vita, forzate i limiti, chiedetevi chi siete.

DEM, Adryad Leaf: i vostri poteri sono quelli che avrebbero un impatto devastante se usati con leggerezza. Siate prudenti.

Il Lato Oscuro avrà il suo fascino, ma io ho un Sole tatuato sulla spalla. E non basterà uno stronzo che dice che il Sole s’è spento per farlo spegnere davvero.

Qualsiasi strada decidiate di intraprendere fatelo alla luce della vostra coscienza: io ho fatto la mia scelta. Chi è con me?

Questione di memorie



Vedo che non sono l’unico qui che legge fumetti; se continua di questo passo possiamo mettere su una squadra di X-men o di Avenger. Ant-man l’abbiamo (a proposito Max, hai provato, concentrandoti, a cercare di diventare più grande oltre che più piccolo? Così avremmo anche Giant-man in squadra), Visione si è presentato da poco, anche se con una versione molto meno aliena e molto più “cannata” dell’originale (un saluto a te Orso Boris). Ci mancano i pezzi da novanta e siamo apposto.

Da parte mia inizialmente pensavo di poter essere il nuovo Professor-X, ma mi sbagliavo, la situazione è decisamente diversa, ma andiamo con ordine.

Causa feste natalizie, sono stato spesso dai parenti della mia ragazza; quale occasione migliore per sperimentare il mio “talento” con persone di cui non conosco quasi nulla. Come vi ho spiegato l’altra volta, ora riesco a controllarlo con più facilità rispetto ai primi giorni, quelli in cui fissavo le persone come un maniaco. Ora mi basta concentrarmi qualche secondo per “entrare” nella mente di qualcuno. Come se stessi digitando un indirizzo internet: www.fammivederechec’èdentrolatuatesta.com, e sono dentro.
Una volta collegato non ho nemmeno bisogno di continuare a tenere il contatto visivo, posso far finta di leggere un messaggio al cellulare e passare inosservato. Altra nota; sembra che le persone siano totalmente ignare di questa “lettura”.

Ma sto divagando, torniamo al succo del discorso. La lettura della mente.

Il mio obbiettivo era cercare di capire cosa, i parenti in sovrappeso della mia ragazza, stessero per dire un momento prima che si esprimessero. Niente, nulla di nulla, tiravo solo a indovinare, ma nove volte su dieci sbagliavo. Ma nulla che mi permettesse di anticipare quello che stessero per dire o fare. Insomma un fallimento totale. Ma è alle due del mattino della stessa notte che l’illuminazione è arrivata, guarda caso navigando in internet.

Tornato a casa, non riuscivo a prendere sonno. Il mio piano di prendere un biglietto per il casinò di Venezia e sbancarlo andava a farsi benedire. Certo, ora ero in grado di fare un preventivo sulla miglior cucina da inserire in un monolocale da trentacinque metri quadri con frigorifero classe A++ (uno dei parenti vende cucine), ma non è che me ne fregasse più di tanto. Avevo deciso di trovare conforto tra le braccia della Rete. Magari il segreto è capire come funziona il cervello. Vediamo… partiamo da un concetto facile, come funziona la memoria…

“Le memorie a breve termine sono legate al fatto che un'esperienza viene mantenuta in un circuito formato da varie cellule cerebrali (neuroni) e dai loro prolungamenti, sotto forma di una blanda attività elettrica che continua a percorrere questo circuito diverse volte, finché questa attività non stimola la formazione di contatti stabili tra cellula e cellula”.

Sono balzato in piedi. Avvicinandomi allo schermo e rileggendo la frase più volte.

Ma certo! (mi sono detto) La nostra mente è come un computer! Possiede una RAM e una ROM, tutto ciò che noi pensiamo o diciamo viene portato da una memoria ad accesso casuale (ram), mentre tutte le nostre conoscenze, tutto ciò che si è insediato nella nostra memoria, come i ricordi, è contenuto in una memoria permanente (rom) di sola lettura. Io sono in grado di accedere solo alla seconda memoria, tutti i dati che un cervello reputa importanti, tutto ciò di cui non ci dobbiamo dimenticare fa parte di questa parte di memoria. Ecco perché i dati che ricevo sono affidabili.

Ora sapevo un po’ di più sul mio potere ma solo quello che lessi dopo mi tenne tutta la notte sveglio, con un mezzo sorriso stampato sul volto.

“la memoria a sola lettura, termine spesso abbreviato con l'acronimo ROM, è una tipologia di memoria informatica non volatile in cui i dati sono memorizzati tramite collegamenti elettronici fisici e stabili. Il suo contenuto non è modificabile durante il normale funzionamento, ma può esserlo, con diverse tecniche, in fase di costruzione, di progettazione o di prototipazione…”

Ma può esserlo…

A presto!
D.