mercoledì 16 luglio 2014

L'ebook dei Segnati

Dopo mesi trascorsi cercando di venire a patti con i propri nuovi, straordinari poteri, i Segnati sono stati quasi tutti costretti alla macchia all'incalzare di un nemico invisibile che li tiene d'occhio da tempo. Una conclusione ricca di suspence che sarà preludio per il secondo albo di Strani Segni, che verrà lanciato in autunno.

Intanto le storie dei Segnati sono raccolte nel primo albo in ebook Strani Segni, edito da Limana Umanìta e curato dall'agenzia di consulenze editoriali Scriptorama. Lo trovate già nello store online della casa editrice (www.limanaumanita.com) e presto nelle maggiori librerie digitali.

Buone letture!

mercoledì 30 aprile 2014

LA FUGA (parte II)

Ragazzi, eccomi di nuovo. Non posso dire da dove sono collegato, ma anche in questo caso non voglio stare troppo tempo online.
Termino il racconto da dove l’ho lasciato.

Katia è appena entrata nel magazzino. Io, passamontagna sul viso, risalgo la scala immersa nel silenzio.
Non appena arrivo al piano ammezzato, mi salta subito all'occhio un particolare incongruo alle abitudini di Katia: la porta è spalancata. Nessun rumore.
Pian piano faccio capolino: gli scatoloni sono rovesciati e le borse sono sparse qua e là per la strettissima stanza.
Katia giace legata e imbavagliata a terra. Il suo sguardo è terrorizzato.
Mi esce un «Oh cazzo» spontaneo.
Poi vedo il foglio. È attaccato con lo scotch da pacchi sulla maglietta di Katia. Non c'è scritto nessun messaggio. Solo due lunghissime S.
Al secondo «Oh cazzo!», un po' più spaventato del precedente, arriva rapidamente un aiuto dal mio inconscio. Sanno di me! Ma chi? Come hanno fatto? Come …?
Non startene lì imbambolato, gioia, esclama nella mia testa la voce limpida di Cher, se hanno saputo di Katia, sapranno anche di Puffo! Devi raggiungere il garage prima di loro!
«Oh, no, cazzo, no, no, no!»
Mi precipito giù per le scale.
Per strada non vedo più niente, il mio animo è un crocevia di emozioni violente, una sull'altra, incastrate in un'orribile dissonanza. Alle mie spalle pulsano presenze invisibili, spettri e lupi che appaiono e scompaiono; i rari passanti che incrocio penseranno di avere qualche allucinazione, di aver interpretato male i giochi d'ombra tra le colonne dei portici e di aver decisamente bisogno di qualche ora in più di sonno.
Se succede qualcosa a Puffo, è colpa mia.
Arrivo al garage senza più fiato. La saracinesca è mezza alzata.
Mi lancio dentro, senza pensare, imprudente, con l'unico pensiero di salvare Puffo. Se non è già troppo tardi. Certo, osserva Cher, Katia, l'hai lasciata nel magazzino legata come un salame.
Ops, è vero, realizzo io. Beh, facciamo che siamo pari.
Appena sollevo lo sguardo, mi sento gelare il sangue. Puffo è a terra senza sensi. Un uomo sta in piedi di fianco a lui, vestito di nero, occhiali scuri, si sistema i guanti. D'istinto penso a Mr. Smith di Matrix.
Dopodiché accade tutto in pochi rapidissimi istanti.
Come se mi sgorgasse dal petto, un'onda nera guizza sul pavimento tra me e Mr. Smith; non appena tocca terra, si plasma in una figura che conosco bene.
Il gigantesco lupo fissa Mr. Smith, ringhiando furiosamente, con un balzo si avventa sulla gola dell’uomo.
Non dimenticherò mai quel rumore, quel crack! orribile: mi ricorda mia madre quando spezzava il pollo, prima di servirlo a tavola la domenica. Associarlo a una trachea umana, però, è leggermente diverso.
«Oh cazzo!»
Prima di rendermi conto di aver ucciso un uomo, Mr. Smith si accascia su se stesso e una macchia rossa si spande sul pavimento. Il lupo si lecca il sangue dal muso, si volta e mi guarda, in attesa di ordini.
«Che cosa diavolo ho fatto?»
Forza, nervi saldi, zucchero, mi richiama Cher, soccorri Puffo, poi penserai a disfarti del cadavere!
«Disfarmi del … oh, no! Non riesco neanche a dirlo!»
Accorro verso Puffo. Il suo viso è terribilmente pallido.
«Respira?» Sì, respira, grazie al cielo respira. «Oddio, cosa ti hanno fatto? Perché?»
Perché sapeva di te, mi rimbecca Cher, con voce funerea.
«Non parlare al passato, porca puttana,» singhiozzo. Mi asciugo le lacrime e gli sollevo la testa. Il suo corpo ricade a peso morto su di me. Mi chino su di lui, col cuore a pezzi, perché lui era qui per aiutarmi, perché voleva essermi amico e invece avrei dovuto allontanarlo. Non è un cazzo di gioco, questo, non più.

L'ho riportato a casa. Gli ho lasciato un biglietto: Per la tua incolumità non cercarmi più. Fingi che sia morto.
Lo stesso biglietto l'ho lasciato sulla cassettiera di casa mia, così A. lo vedrà al ritorno dalle vacanze di Pasqua. Se l'avessi scritto col sangue, avrei provato meno dolore.
Ho chiuso a chiave il garage col cadavere dentro. Mi farò venire un'idea prima che cominci a puzzare. Non so cosa farò, ma un'idea, sì, un'idea mi verrà, mi verrà. Dopodiché dovrò fare i conti col fatto di aver ucciso un uomo. Ma questa è un'altra storia.

Ora chiudo.
Devo sparire. Se voglio salvare chi amo, devo sparire.

 E voi nascondetevi! Nascondetevi tutti!

Catch me if you can

I sogni sono iniziati un paio di settimane fa. Lunghi corridoi polverosi, le pareti costellate di specchi, il cui unico riflesso è un uomo pallido che appare di quando in quando, il busto tagliato a metà come in un quadro, gli occhi chiari e inespressivi. Mi guarda correre o forse fuggire, e il mio bisogno di affrettarmi è tale da cancellare tutto il resto: so (con l'ineluttabile consapevolezza propria dei sogni) che a forza di muovermi ritornerò all'inizio (ma di cosa?) e troverò la vecchia me stessa ad aspettarmi, quella ragazzina romantica scomparsa da così tanti anni che a volte penso non sia mai esistita.
Solo al risveglio mi ritrovo a chiedermi chi sia l'Osservatore. È come un dettaglio fuori posto e la sensazione che non appartenga davvero al mio sogno è inequivocabile, anche se impossibile da spiegare. Ha occhi di un azzurro chiarissimo in un viso glabro e scarno, il naso stretto e aquilino, lunghe labbra che sembrano sempre sul punto di piegarsi verso l'alto, in un sorrisetto colmo di disprezzo.
Non sono mai stata fisionomista, faccio fatica a riconoscere clienti e persino amici, perché una volta tolti dal contesto dove li incontro di solito per me ritornano a essere estranei, il cui cenno di saluto non posso fare a meno di accogliere con sospetto. Mi è sembrato quindi strano e un poco inquietante riuscire a ricordare con tale vivida esattezza le fattezze dell'Osservatore, e ancora più bizzarra la convinzione, illogica ma incrollabile, che la sua esistenza sia reale.
Un paio di giorni fa mi sono svegliata in piena notte, sudata e senza fiato, come se avessi corso davvero e non solo sognato di farlo. I gatti, di solito allargati in ampie chiazze pelose su tutto il materasso, avevano disertato en masse il letto, segno che mi dovevo essere davvero agitata troppo. Ho acceso la luce, con l'idea di bere un bicchiere d'acqua, leggere qualcosa, calmarmi un poco prima di riprovare a dormire. Il qualcosa da leggere è diventato alla fine il blog, e i vostri ultimi post.
Qualcuno che ci segue, dite. Qualcuno che ci sorveglia. Bene, dico io. 
Ho intenzione di portare i gatti da mia madre, dove saranno al sicuro qualsiasi cosa capiti. Sono anni che parlo di andare a fare volontariato in qualche riserva naturale,magari in sud-america (almeno fa caldo) perciò anche se sparisco per sei mesi/un anno mamma non se ne stupirà, anzi, sarà contenta per me.
L'Attraverso potrà anche essere un posto enorme ma ormai so come navigarlo. Se “Loro” esistono davvero che provino a prendermi prima che sia io a trovarli. Tenetelo presente, mentre andate avanti con le vostre vite, o fate finta di. Potrei essere più vicina di quanto sospettiate.

Perché?

No, Lazzaro! Cos’hai fatto? Dove sei finito? Alla fine avevo intuito il tuo disagio ma...
Prima Max, ora tu…
Spero solo, amico mio, che questo sia solo un arrivederci, e non un addio.

Perché abbiamo ricevuto questi poteri? Alla fine non hanno portato a niente se non a sconvolgere le nostre vite. Perché ci accade tutto questo? Perché? Ne valeva la pena alla fine?

RESISTENZA!

Hanno esagerato. Una volta di troppo.
Sono sempre stato calmo e buono. A volte persino codardo.
Ma ora mi hanno proprio fatto arrabbiare. E dicono che non c’è peggior arrabbiato di un calmo arrabbiato.
Ieri sarei dovuto andare a lavoro. Calma piatta, nessuna vettura sospetta nei pressi di casa nostra.
Chiamo un collega per farmi passare a prendere, così avrei lasciato l’auto a mia moglie, in caso di necessità.
«Mi hanno cambiato il turno bello. Non ci sono oggi. Mi spiace.»
«Grazie lo stesso» dico. “Merda. Non ci voleva” penso.
Abbraccio mia moglie.
«‘More, per ogni cosa chiama. Tengo il cel in tasca.»
Uno strano senso di inquietudine mi pervade.
“Fissazioni”
Controllo fuori. Tutto nella norma. Salgo in auto. Non parte. “Merda”.
Riprovo. Riprovo ancora. Scendo, controllo il motore. Per quel poco che ne capisco è tutto a posto.
Inizio a innervosirmi. Sudo. Mi guardo attorno.
“Sto perdendo il controllo”.
Finalmente si mette in moto. Parto.
Si è fatto tardi. Chiamo in struttura.
«Ho avuto problemi con l’auto. Faccio un po' tardi.»
«Guarda che ti han cambiato turno. Non ti hanno avvisato? Devi venire stasera.»
“Incazzato per niente”.
Volto l’auto e torno indietro. Per fortuna avevo fatto pochi chilometri, in meno di dieci minuti sono di nuovo a casa.
Ed eccoli lì, spudorati davanti a casa mia. La loro bella auto scura, lucida appena uscita dall’autolavaggio. E i loro completi scuri, occhiali da sole, manco fossero i MIB.
Parcheggio  in una traversa laterale, così non vedono la mia auto, tanto sono certo conoscano modello e targa. Scendo e mi avvicino il più cauto possibile. Non mi vedono arrivare.
«Cerca XXX o prova con YYY è il cognome della moglie» dice il primo con un foglio in mano al secondo che sta controllando i nomi sul citofono.
“Bastardi”
«Intendi aspettarlo con la donna finchè non torna da lavoro?»
Sento il sangue ribollirmi dentro con tanta forza che mi scoppiano le tempie. Quasi si mozza il fiato.
“Devo fermarli”.
Il secondo si volta. Un movimento naturale, non credo mi abbia visto ma d’istinto mi acquatto dietro la siepe.
La siepe.
L’istinto è più veloce del pensiero. Come viticci mannari i rami dell’arbusto di recinzione si avvinghiano attorno ai due sconosciuti.
Si dimenano, tentano di urlare ma le foglie li imbavagliano.
Guardo il grande ulivo al centro del cortile.
“Stordiscili!”.
E due nodosi rami si abbattono sulle loro teste.
Si afflosciano al suolo.
Grazie al cielo non un’anima intorno. Non so se occhi indiscreti scrutano da dietro le finestre. Non ho tempo per pensarci.
Corro all’auto. Il cuore mi batte in gola. Non so cosa sto facendo ma cinque minuti dopo ho i due sacchi di foglie in auto e sto correndo come un pazzo.
Mentre imbocco un sentiero sterrato i dubbi mi assalgono.
“E se invece che due di “loro” sono solo due pirla che volevano vendermi un paio di aspirapolveri?”
“E se fossero stati davvero quelli del recupero crediti?”
“Non può essere una coincidenza. DEVONO essere loro!”
Li abbandono nel primo fosso fuori mano che incontro e torno a casa.
Non sono mai stato coraggioso. Men che meno un violento.
Ma come ho sentito la mia famiglia in pericolo non ho ragionato più.
Sanno chi siamo e magari leggono pure questo blog.
Allora vi dico questo.
Amici.
Venite qua se cercate rifugio. Vi do il mio indirizzo.
Nemici.
Se mi leggete, venite pure voi. Vi lascio il mio indirizzo se volete. Ho una foresta in casa e un bosco davanti.
Venite a prendermi se ne avete il coraggio!

martedì 29 aprile 2014

GLI INVINCIBILI

Lazzaro non c’è più.
Credo che leggendo i suoi vecchi post possiate intuire chi sono.
Mi ha affidato le sue parole lasciandomi una lettera senza finale. Tre puntini sul fondo del foglio bianco che sospendono la sua vita e la mia speranza.
Le poche righe spiegano come raggiungere questo blog, come contattarvi, come parlarvi. Fin dall’inizio, ha usato un mio vecchio profilo, jeje, di cui avevo dimenticato la password. Lui l’ha recuperata e annotata al margine del foglio sotto un disegno che rappresenta il suo segno. Credo che abbia usato quel profilo perché sentiva fin dall’inizio come sarebbe andata a finire, sapeva come il cerchio, nel suo caso, si sarebbe chiuso. Non so quando l’abbia scritta, forse nel momento in cui ha capito che quest’ultimo grande sforzo avrebbe richiesto la sua vita in cambio.

“Vieni a prenderlo questa notte, lo troverai davanti alla sua tomba.” Questo è il messaggio che Lazzaro mi ha mandato e nonostante sia salita in macchina e abbia provato a chiamarlo per tutto il tempo, lui non ha mai risposto.

Quando sono arrivata suo fratello era lì. Seduto spalle al muro, completamente nudo.

Ora è a casa mia: è un ragazzino di tredici anni che osservo mentre dorme nel mio letto; cerco disperatamente di cogliere delle somiglianze con Lazzaro in questo viso da bambino. Non ricorda quasi nulla, è pallido, debole, trema sotto il peso di una febbre incessante. Non ho detto a nessuno della sua “nuova” vita. Nemmeno i suoi genitori lo sanno.

Quando ero là ho osservato la sua tomba: io riuscivo a capire che il marmo era stato smosso perché sapevo, ma nel complesso era perfettamente integra. Forse, se suo fratello riacquisterà la memoria, potrò chiedere conto a lui degli attimi successivi al suo “ritorno”.

Nella lettera mi chiede di ringraziarvi tutti quanti: Max, Portatore di Luce, Andryad e il resto dei segnati. D.E.M.: Lazzaro nella lettera mi raccomanda di salutarti. Nei vostri ultimi avvenimenti risiede la mia speranza, nelle strane persone che qualcuno di voi ha avvistato di recente. Io spero che sia stato qualcuno di questi a portarlo via, che l’abbia rapito magari, lo stesso che si è preoccupato di nascondere le tracce della resurrezione di suo fratello. Spero che il tuo sogno ricorrente, D.E.M., sia la conferma del mio desiderio: forse un giorno vi incontrerete tutti in un posto speciale e forse io potrò riabbracciarlo.

In fondo alla lettera c’è la citazione di una poesia di William Ernest Henley.

“Dalla notte che mi avvolge,
nera come la fossa dell’Inferno,
rendo grazie a qualunque dio ci sia
per la mia anima invincibile.”

Con queste parole Lazzaro vi chiede di tenere duro segnati e io vi chiedo di farlo anche da parte sua.

Che qualcuno sappia qualcosa?

Mentre a voi capitano le cose più strabilianti del mondo, io sono riuscita a vendicarmi solo in parte.
Non è stato particolarmente divertente, né così liberatorio come pensavo.
Adesso mi sento decisamente più sicura quando si tratta di usare il mio potere, quindi divento invisibile tranquillamente anche mentre sono al lavoro. Mi infilo in una stanza vuota, lascio la porta semi-aperta, attivo il potere ed esco. Un po' come Superman nella cabina del telefono.
Non si accorge mai di niente nessuno.
Vanno tutti in giro avanti e indietro per i corridoi come se il moto dell'universo dipendesse da loro.
Ma Einstein aveva capito che l'umanità è soltanto un grande criceto sulla sfera terrestre?
In questi giorni sono sempre stata al lavoro, con la scusa che la mia famiglia è lontana mi fanno coprire tutti i turni festivi. Ho detto di sì ma non per bontà, volevo avere meno persone possibili tra i piedi per vendicarmi con calma.
Tutti i presenti a quel maledetto tavolo che mi hanno offesa dovevano pagarla, in qualche modo. Dividi et impera. Però frugando e spiando, coperta dall'invisibilità, ho scoperto solo vite molto squallide.
Qualche amante, debiti di poco conto, litigi domestici di periferia. La vendetta quindi non è stata all'altezza della mia incazzatura. Ho usato i loro cellulari per inviare sms agli amanti per farli lasciare, girato email alle mogli con allegati i saldi bancari e altri scherzetti del genere.
Insomma, non sono per niente contenta, roba da seconda elementare.
Tant'è che ho chiamato il mio capo redattore centrale chiedendogli di farmi tornare a casa, visto che qua non ci sto a fare più nulla. Sono stata inviata mesi fa a seguire un omicida seriale di cui non si hanno notizie da un bel po'.
Considerala una vacanza, ci fai comodo là” mi ha risposto l'idiota.
Ma quale vacanza” ho gridato al telefono “qua mi rincoglionisco come questi paesani del cavolo!”
Lui è rimasto impassibile. Mi ha trattata come una bambina che fa i capricci.
Dai che sei bravissima –ha chiuso- hai fatto tante cose diverse dal solito da quando sei nella nuova redazione e hai modo di esprimerti senza che nessuno ti veda, no? Non vorrai mica sparire nel nulla senza avvisare i tuoi colleghi? Che maleducata…”
E riagganciando rideva, l'ho sentito chiaramente.
Ho sentito correre i brividi lungo la schiena.
Se non sapessi che è impossibile, penserei che conosce il mio segreto.
Ho modo di esprimermi senza che nessuno mi veda… Sparire così…?
No, è solo il mio senso di colpa che mi fa perdere la lucidità.
Ma anche a voi stanno accadendo cose strane, quindi perché io dovrei essere più al sicuro?

Per non parlare della cicatrice, che brucia da morire…