mercoledì 30 aprile 2014

LA FUGA (parte II)

Ragazzi, eccomi di nuovo. Non posso dire da dove sono collegato, ma anche in questo caso non voglio stare troppo tempo online.
Termino il racconto da dove l’ho lasciato.

Katia è appena entrata nel magazzino. Io, passamontagna sul viso, risalgo la scala immersa nel silenzio.
Non appena arrivo al piano ammezzato, mi salta subito all'occhio un particolare incongruo alle abitudini di Katia: la porta è spalancata. Nessun rumore.
Pian piano faccio capolino: gli scatoloni sono rovesciati e le borse sono sparse qua e là per la strettissima stanza.
Katia giace legata e imbavagliata a terra. Il suo sguardo è terrorizzato.
Mi esce un «Oh cazzo» spontaneo.
Poi vedo il foglio. È attaccato con lo scotch da pacchi sulla maglietta di Katia. Non c'è scritto nessun messaggio. Solo due lunghissime S.
Al secondo «Oh cazzo!», un po' più spaventato del precedente, arriva rapidamente un aiuto dal mio inconscio. Sanno di me! Ma chi? Come hanno fatto? Come …?
Non startene lì imbambolato, gioia, esclama nella mia testa la voce limpida di Cher, se hanno saputo di Katia, sapranno anche di Puffo! Devi raggiungere il garage prima di loro!
«Oh, no, cazzo, no, no, no!»
Mi precipito giù per le scale.
Per strada non vedo più niente, il mio animo è un crocevia di emozioni violente, una sull'altra, incastrate in un'orribile dissonanza. Alle mie spalle pulsano presenze invisibili, spettri e lupi che appaiono e scompaiono; i rari passanti che incrocio penseranno di avere qualche allucinazione, di aver interpretato male i giochi d'ombra tra le colonne dei portici e di aver decisamente bisogno di qualche ora in più di sonno.
Se succede qualcosa a Puffo, è colpa mia.
Arrivo al garage senza più fiato. La saracinesca è mezza alzata.
Mi lancio dentro, senza pensare, imprudente, con l'unico pensiero di salvare Puffo. Se non è già troppo tardi. Certo, osserva Cher, Katia, l'hai lasciata nel magazzino legata come un salame.
Ops, è vero, realizzo io. Beh, facciamo che siamo pari.
Appena sollevo lo sguardo, mi sento gelare il sangue. Puffo è a terra senza sensi. Un uomo sta in piedi di fianco a lui, vestito di nero, occhiali scuri, si sistema i guanti. D'istinto penso a Mr. Smith di Matrix.
Dopodiché accade tutto in pochi rapidissimi istanti.
Come se mi sgorgasse dal petto, un'onda nera guizza sul pavimento tra me e Mr. Smith; non appena tocca terra, si plasma in una figura che conosco bene.
Il gigantesco lupo fissa Mr. Smith, ringhiando furiosamente, con un balzo si avventa sulla gola dell’uomo.
Non dimenticherò mai quel rumore, quel crack! orribile: mi ricorda mia madre quando spezzava il pollo, prima di servirlo a tavola la domenica. Associarlo a una trachea umana, però, è leggermente diverso.
«Oh cazzo!»
Prima di rendermi conto di aver ucciso un uomo, Mr. Smith si accascia su se stesso e una macchia rossa si spande sul pavimento. Il lupo si lecca il sangue dal muso, si volta e mi guarda, in attesa di ordini.
«Che cosa diavolo ho fatto?»
Forza, nervi saldi, zucchero, mi richiama Cher, soccorri Puffo, poi penserai a disfarti del cadavere!
«Disfarmi del … oh, no! Non riesco neanche a dirlo!»
Accorro verso Puffo. Il suo viso è terribilmente pallido.
«Respira?» Sì, respira, grazie al cielo respira. «Oddio, cosa ti hanno fatto? Perché?»
Perché sapeva di te, mi rimbecca Cher, con voce funerea.
«Non parlare al passato, porca puttana,» singhiozzo. Mi asciugo le lacrime e gli sollevo la testa. Il suo corpo ricade a peso morto su di me. Mi chino su di lui, col cuore a pezzi, perché lui era qui per aiutarmi, perché voleva essermi amico e invece avrei dovuto allontanarlo. Non è un cazzo di gioco, questo, non più.

L'ho riportato a casa. Gli ho lasciato un biglietto: Per la tua incolumità non cercarmi più. Fingi che sia morto.
Lo stesso biglietto l'ho lasciato sulla cassettiera di casa mia, così A. lo vedrà al ritorno dalle vacanze di Pasqua. Se l'avessi scritto col sangue, avrei provato meno dolore.
Ho chiuso a chiave il garage col cadavere dentro. Mi farò venire un'idea prima che cominci a puzzare. Non so cosa farò, ma un'idea, sì, un'idea mi verrà, mi verrà. Dopodiché dovrò fare i conti col fatto di aver ucciso un uomo. Ma questa è un'altra storia.

Ora chiudo.
Devo sparire. Se voglio salvare chi amo, devo sparire.

 E voi nascondetevi! Nascondetevi tutti!

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