mercoledì 2 aprile 2014

MIssione compiuta. Avanti la prossima!

Dopo quanto mi è accaduto con i vicini di casa avevo quasi deciso di sparire da questo blog.
Ho poi optato per un più salutare trasloco. Anche se star lontano dal verde non mi fa guarire dai miei poteri. Questo è l’ennesimo handicap della mia situazione. Stare tra il cemento mi fa ingrigire, sia d’umore che nel colore della pelle. Ho comunque lasciato il mio paesino natale per scendere in città.  Se solo Max avesse fatto altrettanto! Anzi lo consiglio a tutti. Trasferitevi dove nessuno vi conosce.
O forse dovremmo incontrarci, non solo virtualmente ma fisicamente. Vederci dal vivo oltre a tirarci su di morale ci permetterebbe di organizzarci meglio. Fino alla sparizione di Max il suo “sodalizio” con Portatore era positivo. Cosi pure quello tra DEM e Lazzaro. O almeno spero. Cosa aspettate a farci sapere come ve la siete cavata?
Per ora ho trovato un gradevole condominio che affaccia su un parco. Quartiere tranquillo, tanti anziani, pochi ragazzi. In un colpo solo mi son liberato di occhi indiscreti e sostanze stupefacenti.
E ho pure trovato lavoro, mi ero dimenticato di dirlo anche se ne parlavo nell’ultimo intervento. Lavoro in una casa protetta. L’ospite tipo proviene da OPG. La maggior parte sono pazzi omicida. Un giorno tentano di accoltellarti, il giorno dopo provano la fuga scavalcando le mura. Niente di meglio per sfruttare i miei poteri indisturbato.
Strano. Io che ero tra i più pessimisti del gruppo finalmente me la passo bene. E proprio nel momento in cui molti stanno avendo difficoltà.
Per certo quanto mi è accaduto ieri mi ha dato una spinta positiva.
Gianni, un nuovo ospite, arrivato imbottito di sonniferi dall’OPG. Un omone di due metri per due. Si sveglia particolarmente agitato. E intendo dire che lancia sedie e tavoli. Già tre miei colleghi erano stati accompagnati in infermeria con qualcosa di rotto.
Mentre io e Salvo schiviamo l’ennesima poltrona la porta blindata del reparto viene aperta da Marzio, l’infermiere incaricato di somministrare una dose da cavallo di tranquillante al nostro amico.
Un istante di distrazione. Fatale.
Vengo scaraventato contro la parete. L’aria mi schizza fuori dai polmoni.
Qualcosa si è rotto, ne sono certo. Ma non ho tempo per pensarci. Gianni è fuori dal Reparto Protetto. O ammazza qualcuno o fugge… o entrambe le cose.
Mi alzo ma la gamba destra non mi segue. Inspiro e una fitta mi toglie il fiato. Sputo sangue. I miei compagni sono a terra. Inerti.
Mi trascino fuori dalla stanza. Grazie al cielo la direttrice ama le piante ornamentali e ne ha disseminate dozzine.
Un bel ficus rigoglioso è proprio oltre la soglia.
“Un ultimo sforzo” penso e a fatica raggiungo il tronco. Ed è subito estasi. Sento le ossa ricompattarsi, i polmoni svuotarsi di sangue. Mi alzo. La chioma è molto meno folta.
“Ero messo peggio di quanto pensassi”.
Trascino fuori i colleghi e chiudo la porta. Meglio evitare che altri pazienti lascino il reparto. Alcuni di loro mi guardano sgranando gli occhi.
Hanno visto? Poco importa è la loro parola contro la mia, non corro rischi.
Mi getto all’inseguimento del fuggitivo. È facile seguirne le tracce: una porta scardinata, una finestra in frantumi.
Esco e incontro Daniele.
«Ha scavalcato il cancello, si è buttato nel bosco.»
“Perfetto”
«Dani, prendi la macchina e fai il giro per vedere se sbuca dall’altro lato, io provo a seguirlo.»
Mi guarda perplesso ma esegue.
La boscaglia non è troppo fitta e la fanghiglia dell’ultima pioggia rallenta la fuga del bestione. Lo vedo che arranca zoppicando a meno di cento metri da me. Si appoggia per riprendere fiato ad una grossa quercia.
“Concentrati. Come hai fatto quella sera?”
«Quercia fermalo!» grido.
Immagino di vedersi sollevare una radice a bloccargli la gamba e un ramo calare con vigore sulla sua testa per tramortirlo.
E così accade.
Nessuno collega ha visto nulla. L’energumeno è stato recuperato.
Missione compiuta. Avanti la prossima!

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