lunedì 31 marzo 2014

Missione di salvataggio

Il primo incontro con Lazzaro è stato imbarazzante. È riuscito a mettersi in contatto con me, così sono andato a prenderlo all’aeroporto. A causa della mia paranoia, l’ho costretto a dover imparare una serie di segnali in codice e parole d’ordine, e solo quando siamo arrivati alla mia macchina ci siamo mostrati i nostri rispettivi segni. «Piacere, D.E.M.» faccio io.
«Piacere, Lazzaro.» risponde lui. Ci stringiamo la mano con calore.
Entriamo in auto «Prima di tutto ti ringrazio ancora per aver risposto al mio appello, e ti chiedo mille volte scusa per averti trascinato fin qui a risolvere i miei casini.» dico.
Lui nicchia: «È sempre un piacere aiutare gli altri.»
Ho letto il post che ha mandato prima di partire: vorrei fargli delle domande, chiedergli come sta, chi voleva salvare, ma un senso di pudore mi inibisce. Per fortuna è lui a spezzare il momento di silenzio: «Da quanto hai scritto il carabiniere dovrebbe essere ancora vivo. Lo sai, vero, che il mio potere funziona solo su chi è morto?»
Sospiro. «Lo so, ma non sapevo a che santo votarmi. Hai letto il mio post, sai che casino ho combinato. Sono stato preso dal panico, è un miracolo che non sia svenuto lì. Onestamente non so come ci dovremmo comportare quando entreremo nella sua stanza.»
«Qualcosa ci inventeremo.» risponde lui, cercando di tranquillizzarmi. «Sai dove lo tengono?»
«Per fortuna è qui vicino, in Ancona, all’ospedale regionale. Però c’è un problema.»
«Quale?»
«All’inizio non era stato fatto trapelare nulla, per salvare la sua copertura, ragion per cui ho dovuto usare il mio potere per rintracciarlo. Poi però qualcuno, l’altro giorno, ha parlato e l’ospedale si è riempito di giornalisti.»
«Un bel problema. Cosa pensi di fare, ora?»
Gli spiego il mio piano. Per fortuna, avevo avuto modo di girare l’ospedale andando a fare visita a un conoscente ricoverato, quindi so più o meno come muovermi all’interno.
Finisco la spiegazione. «È abbastanza rischioso.» fa lui.
«Lo so, ma è il meglio che sono riuscito a escogitare. Se hai un’idea migliore sono tutt’orecchi.»
«Non saprei da che parte cominciare.» confessa.
«Siamo d’accordo allora.» rispondo io accendendo la macchina «Propongo di andare subito.»
«Ok.»
Entriamo mescolandoci col flusso continuo di visitatori; per fortuna l’atrio è molto grande e dispersivo. Arriviamo agli ascensori senza problemi, dribblando anche un paio di teleoperatori della RAI che stanno prendendo un caffè da una macchinetta, e ci ritroviamo nel reparto di rianimazione rimanendo praticamente anonimi. Apro la porta antipanico e dò un’occhiata: l’orario di visita è quasi finito, ma ci sono ancora diverse persone oltre il personale ospedaliero. Cerchiamo un bagno. Entriamo e apro la borsa che ho portato con me: dentro ci sono due divise da O.S.S. «Spero che ti stia bene.» faccio a Lazzaro «Mi sono dimenticato di chiederti la taglia.»
«Non fa niente.» risponde lui, e lo ripete anche quando scopriamo che la sua gli sta larga. Usciamo, cercando di rimanere disinvolti e iniziamo a cercare la capo-sala. Giriamo un angolo e a momenti mi viene un colpo. «Che c’è?» chiede Lazzaro. Lo spingo dentro uno sgabuzzino. Poco dopo, un tizio con gli occhiali ci supera senza accorgersi di noi «Quello lo conosco, fa il giornalista.» spiego a Lazzaro «Se mi avesse visto…»
Continuiamo a cercare l’ufficio della capo-sala. Per fortuna la troviamo, ed è anche sola.
«Voi chi siete?» chiede lei. Lazzaro chiude la porta, io invece le ordino: «Portaci dal carabiniere ferito. Se te lo chiedono, rispondi che è solo un controllo di routine.»
«Il carabiniere ferito è morto dieci minuti fa.» risponde meccanicamente la donna «Sono andati a chiamare la famiglia.»
Panico. Lazzaro si piazza davanti a me e chiede alla donna: «È ancora nella sua stanza?»
Lei non risponde. «Chiediglielo tu.» mi fa Lazzaro. Non reagisco. Allora mi strattona «D.E.M.! Svegliati!»
«OK, ti ordino di rispondergli, anzi, d’ora in poi sarà lui a darti ordini.»

Ora è tutto nelle mani del mio socio.

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