venerdì 14 marzo 2014

PUNTI FISSI



A sognare qualcuno morire gli si allunga la vita…

Tutto è relativo.
Il moto lo è. Relativo intendo: ci vuole un sistema di riferimento affinché qualcosa possa dirsi in movimento. Prendete la sensazione d’incertezza che si prova stando seduti su un treno e guardando di fuori un altro treno affianco; a un certo punto vedete i finestrini dell’altro vagone scivolare via e iniziate a chiedervi chi è che si muove; è una sensazione straniante, come ritrovarsi sospesi dentro il mondo seduti su una bolla. Eppure basta voltarsi dall’altra parte e osservare il panorama di fuori per avere una risposta immediata su chi si muove effettivamente.
Ma se dall’altra parte ci fosse un altro treno a occupare la visuale cosa succederebbe?
Il tempo lo è. Quando ci si diverte un’ora scappa via in un minuto e alla fine ti rimane il godimento smorzato simile a un’eiaculazione frettolosa; se invece stai male non ti resta che stringere i denti e strizzare gli occhi sotto una pioggia battente di sudore, sperando di scorgere la fine tra le pieghe disorientanti del percorso.
E così io tengo duro e vado avanti, mentre pesto le dita sulla tastiera e i miei occhi scorrono le vostre parole. Ti ringrazio Portatore di Luce per la tua comprensione e spero che con Max vada tutto per il meglio. Certo, annientare il mio potere con te vicino potrebbe essere… non lo so: bello? Liberatorio? Traumatico? Probabilmente tremendo, anche se per un giorno soltanto.
Io credo che questo mio dono derivi da un sogno lontano che ricorreva quando ero piccolo; così reale e ossessivo che alla fine si è mescolato con il desiderio e si è incastrato con la realtà. Il fatto è che io questo potere lo voglio, l’ho desiderato lungamente, MI SERVE.
Ho un fratello. È morto.
Il fatto che sia… fosse mio fratello maggiore è più che mai relativo. Lo è stato certo, fino a quando io avevo dieci anni; nei tre anni successivi la distanza tra me e lui si è accorciata. La sua morte è stata il punto fisso: il sistema di riferimento per il moto della mia vita. L’ho raggiunto e superato e il tempo per lui adesso come si misura? La sua data di nascita? Quella di morte? Da dove si parte, dove finisce? A pensarci mi sento come costretto nello spazio angusto di un vagone affiancato da due treni: mi manca l’aria, non so da che parte voltarmi per ripartire.
Devo trovare dei punti fissi. Uno è sicuramente dato dalle vostre storie che leggo su queste pagine, l’altro può essere la mia famiglia, ma parlare ai miei genitori del loro figlio morto non li rende obiettivi o maggiormente disposti a credere al mio assurdo potere. Ci vuole qualcuno che sia in un certo senso estraneo a mio fratello, ma tremendamente vicino a me: questa cosa non posso farla da solo!
«Ce la fai a venire a casa domani?»
«Ma non devi lavorare?»
«No, domani no. Dai, stiamo un po’ insieme. Andiamo al mare.»
«Sicuro? Magari preferisci riposarti invece che avermi in mezzo.»
«Preferisco parlare: non l’ho fatto molto no?»
«Non l’hai fatto per niente!»
Jessica! È lei la persona ideale. Non ha conosciuto mio fratello, ma condivide sempre, sempre, la follia delle mie azioni.
“Andiamo al mare. Parliamo un po’. Andiamo a tirar fuori una bara da una tomba di marmo.”
Ho provato a spiegarle questa follia prima di metterla in pratica insieme, ma la già labile impalcatura è crollata quando le mie parole non hanno trovato riscontro, quando afferrando fredde ossa che si sbriciolavano sotto la pioggia battente, quando urlando, strepitando, non c’è stato nulla a dimostrare ai suoi occhi terrorizzati che io fossi in grado di resuscitare i morti.

 A sognare qualcuno morire gli si allunga la vita: vivere desiderando la vita si va incontro alla morte.

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