mercoledì 19 marzo 2014

Un tuffo nella realtà

Mi sono alzata abbastanza presto ben decisa a darmi da fare.
Essendo il mio giorno libero avevo tutto il tempo per mettere alla prova il potere nella vita reale.
Doccia, capelli, scelgo con cura dei vestiti comodi. Mi guardo allo specchio e penso che sono una vera deficiente: perché mettersi in tiro se stai per diventare invisibile?
Va beh… mi giustifico mentalmente pensando che una donna ha diritto ad un bel paio di scarpe anche di fronte alla morte, figuriamoci per un'uscita extrasensoriale.
Decido di andare in tv, almeno sono sicura che là avrò sufficienti stimoli per mantenere l'ansia ad un buon livello. Parcheggio ad un isolato di distanza perché non voglio che i miei colleghi notino la targa. Un margine di sicurezza vale un chilometro a piedi, anche se con questo freddo non cammino molto volentieri.
Prima di scendere dalla macchina ripercorro mentalmente tutti gli stati d'angoscia provati di fronte allo specchio per diventare invisibile: funziona, non proietto alcuna ombra. Accelero l'andatura, voglio arrivare subito in tv.
Con un po' di fortuna avrei beccato la riunione di redazione ancora in corso.
La porta è socchiusa, come sempre, scivolo dentro senza che nessuno se ne accorga.
Cammino in punta di piedi e trattengo il fiato, per non fare rumore, quindi entro in redazione. Sono tutti attorno al tavolo ovale e discutono con trasporto i servizi del giorno.
Il capo è arrabbiato, evidentemente i giornali avevano più notizie di noi.
Mi appoggio alla parete, attenta a controllare il respiro, mentre lui grida: “…e poi per colpa di quella cretina di ***** non abbiamo detto che c'è un nuovo indagato nell'indagine dei carabinieri sul fatto di due settimane fa, porca puttana…” Tutti annuiscono e ribadiscono con la faccia disgustata che ***** è proprio una superficiale, che non sa fare il suo lavoro. Il sangue mi va alla testa, perché ****** sono io. Mi danno la colpa solo perché sono assente e non posso difendermi, è il trucco più vecchio del mondo, e nessuno muove un dito in mio favore.
E bravi i miei ragazzi di provincia, quelli che mi erano sembrati tanto carini e collaborativi. Sto per vomitare dalla rabbia, mi controllo con grossa difficoltà.
Temo che questo possa destabilizzare improvvisamente il mio stato. Devo correre fuori a prendere un po' d'aria, e devo farlo subito. Giusto il tempo di varcare il portone e torno in me, completamente visibile.
Nel cortile, per fortuna, non c'è nessuno. Mi accorgo di avere le mani sudate e lo stomaco in subbuglio: alla rabbia non avevo pensato, è una variabile da gestire, se intendo andare in giro ad origliare il prossimo.
Adesso devo decidere come muovermi. Se torno in redazione picchio qualcuno, ma come posso giustificare di sapere tutto? Quindi è meglio che torni verso la macchina. Mentre cammino a passo svelto concludo mentalmente che il potere funziona, avrò tempo e modo di decidere come procedere con chi mi pugnala alle spalle.

Questi campagnoli senza futuro ingoieranno ogni singola offesa, e non sapranno mai da dove è arrivato il colpo

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