lunedì 28 aprile 2014

LA FUGA (parte I)

Ragazzi, sto scrivendo questo post in fretta e non so quando potrò scrivervi di nuovo: sono col cellulare, ma tra poco lo abbandonerò da qualche parte, così non potranno rintracciarmi.
Non so se altri di voi nel blog hanno avuto la stessa esperienza, spero di no, non faccio in tempo a leggervi. Sto scappando.
Ma partiamo dal principio. Se avrò abbastanza tempo.

Dopo diversi giorni, l'allenamento ha prodotto finalmente i suoi frutti: comincio a padroneggiare il mio potere.
Perché quello che non capivo prima è che non devo tanto concentrarmi sulle immagini – niente Bahamut, sigh! – ma sulle emozioni. Soffermarsi e focalizzarne una e lo spirito, l'eidolon, appare da solo. Quali emozioni siano, ancora non mi è molto chiaro – tranne lo Spettro, lui è quell'oscurità con cui ho convissuto fino al mio coming out, ma questa è un'altra storia – sono indistinte sfumature cromatiche che si espandono e s'intrecciano. La mia abilità sta nell'acchiappare la sfumatura giusta, l'incastro perfetto tra più sensazioni, un po' come cucinare. Solo che io a cucinare sono una frana, non è proprio un buon auspicio.
Puffo si è rivelato un ottimo amico e aiutante anche in questo frangente. Per focalizzare una certa emozione, mi suggeriva delle situazioni particolari.
«Pensa a Katia,» diceva ad esempio, «pensa a Katia!»
In men che non si dica mi ribolliva il sangue ed ecco che il lupo faceva capolino da dietro un angolo, apparso dal nulla.
Durante tutta la durata degli allenamenti non si è mai manifestato il leone di fuoco. Mai. Come se si fosse assopito da qualche parte, nascosto nel mio animo.

La sera della vendetta è finalmente arrivata, il 22 aprile, appena finite le vacanze di Pasqua.
A. è sceso dai suoi genitori da una settimana e ci resterà ancora per un po’. «Mi dispiace di non poter passare la Pasqua con te,» ho mormorato, mentre il treno arrivava alla stazione, «ma in negozio niente ferie, che sfiga!»
«Tranquillo, non è colpa tua,» mi ha risposto. «Ci vediamo quando torno.»
Mi ha salutato con un bellissimo bacio. Non dimenticherò mai quel bacio.

Poco dopo ho raggiunto Puffo nel garage.
«Il piano per stasera è molto semplice,» gli spiego, «Katia stasera fa chiusura, poi andrà a cambiarsi nel magazzino del negozio che è nel palazzo di fianco.»
«Avete più magazzini?» si meraviglia Puffo.
«Sì, tre,» gli spiego, «due dei quali nel palazzo di fianco al negozio. Questa cosa la sappiamo solo noi che ci lavoriamo. E tu.»
Puffo annuisce.
«Ci avviciniamo alla porta del magazzino, che lei lascia socchiusa, evoco il lupo e le faccio prendere uno spavento che non se lo scorda più. Vedrai che domattina corre a licenziarsi!»
Onestamente mi aspettavo che Puffo balzasse in piedi con sdegno, sbandierando la sua contrarietà a questa mia idea immorale. Invece lui piega la bocca verso il basso, solleva le sopracciglia. «Beh, se è questo che vuoi, devi nascondere la tua identità.»
Estrae dalla borsa un pacco voluminoso.
«Cos'è?»
«Il tuo travestimento.»
«Cosa?»
«Volevi un costume, mi pare. Beh, eccolo.»
«Ti prego dimmi che è un costume da Sailor Moon!»
«Smettila, il plissettato sugli uomini non si guarda. Non so gli Scozzesi come fanno.»

Appena cala la notte, m'infilo un impermeabile nero e degli scarponi. La felpa che mi ha modificato Puffo ha un cappuccio che si può tirare sulla faccia e diventa un passamontagna. Insomma, sono vestito da ladro. Beh, per passare inosservato è l'ideale, no?
Dall'altra parte della strada, Katia esce dal negozio sbuffando. Chiude nervosamente a chiave ed entra nel palazzo di fianco, diretta verso il magazzino.
Aspetto qualche minuto, lascio che passino un gruppetto di ragazzi e alcune anziane a spasso coi cani. Quando la via è abbastanza libera, attraverso con naturalezza ed entro nel palazzo. Risalgo la scala immersa nel silenzio e appena mi avvicino …

C’è qualcuno, devo scollegarmi. Mi sono dilungato troppo, cercherò di tornare appena possibile e scrivere il resto.

 Nel frattempo, cautela e … guardatevi bene intorno!

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