giovedì 13 febbraio 2014

Dopotutto non è niente

Salve.

Non so da dove cominciare.

Vi ho trovato sul web mentre cercavo risposte a quello che mi è successo e non sono ancora sicura che questo sia il posto giusto.

Dopotutto non è niente. Niente di cui preoccuparsi intendo. Ho solo uno dei tanti segni che l’età mi ha scritto addosso. Saranno i soliti capillari dilatati. Sulle gambe ne ho di tanti tipi: a candelabro, a ragnatela, persino uno identico a una giarrettiera, di quelle per seratine hot che invece di preoccuparmi, magari potrei approfittarne.

O magari un’allergia, con tutte le schifezze che si mangiano, senza contare tutta la roba dei cinesi, che hai voglia a dire, ma costa poco e de sti tempi…

No. Di certo non è niente. Una scemenza che basta la pomatina giusta e passa tutto.

Ecco… magari preferirei che rimanesse com’è. Brutta sì, ma tanto con le calze pesanti ormai chi la vede? Solo Ugo, che però è un gatto beneducato e quando mi spoglio si raggomitola ai piedi del letto e fa finta di niente.

Ma qui leggo cose bruttissime, parole come ‘marchiati’ e allora mi rendo conto che… non so come dirlo… sì insomma, che dovrei parlarne e che l’altra sera quella luce verdastra che ha fatto scappare Ugo non veniva dalla radiosveglia. Eh no! perché c’era un blackout in tutto il quartiere, me ne sono accorta benissimo quando ho cercato di accendere la lampada del comodino e quando ho fatto tutto il corridoio fino in cucina, con quella povera bestia che per lo spavento s’è arrampicata sul pensile e mi fissava con le orecchie tutte all’indietro.

Quella luce veniva proprio da lì: dal segno che ho sulla gamba!

Mi sono appoggiata all’acquaio col cuore che potete immaginarlo e ho preso un bicchiere per un po’ d’acqua, che se mi capitava un mancamento e sbattevo la testa, io che vivo sola, se ne sarebbero accorti dopo tre giorni dall’odore, con rispetto parlando.

Un bicchiere. Lo so benissimo dove sono i bicchieri. Li tengo nello stesso posto da sempre. Ma quando ho aperto il rubinetto mi sono ritrovata in mano un cucchiaio, che io le posate le tengo tutte da un’altra parte e allora ho pensato che la vecchiaia è proprio una brutta bestia e che ti manda in pappa il cervello e ti fa vedere cose che non esistono come le varici fosforescenti e che a me serviva solo uno stramaledetto bicchiere per bere solo un fottutissimo sorso d’acqua!

Non so per quale motivo, ma sentivo salire la rabbia e più saliva, più la luce aumentava e il segno, gonfio, pulsava come… come fosse un cuore! Sì! Un cuore mostruoso in un posto mostruoso, come quei gemelli che vanno sui giornali e uno si porta dentro il fratello senza saperlo finché un giorno...

È stato allora che ho visto.

Nelle mie mani il cucchiaio è diventato un bicchiere. Giuro, un bicchiere! Ma diverso dai miei, di cristallo lucente, elegante, di quelli che con la pensione non mi sognerei mai di comprare e nemmeno coi punti del supermercato, che preferisco cento volte un asciugamano.

L’ho riempito d’acqua e ho bevuto. A poco a poco l’ira s’è placata. La luce s’è affievolita fino a scomparire del tutto. Ho guardato la gamba: il segno era tornato come prima.

In mano stringevo un cucchiaio.

Bagnato.

Non so cosa pensare.

Forse questo blog non è il posto giusto.

Forse sono solo una vecchia rincoglionita.

Ma vi ringrazio ugualmente perché anche se, come vi sarete accorti, non ho una gran cultura, scrivere mi ha fatto bene. Mi sento più tranquilla.

Penso che domani andrò in farmacia a chiedere una pomatina. Per la gamba.

Grazie ancora.

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