venerdì 28 febbraio 2014

La preda e il Cacciatore

Ho passato le ultime settimane a familiarizzare con l’idea di una me stessa pericolosa. Contrariamente a quanto Cinica dice di sé io mi sono sempre considerata una persona buona, sicuramente umile e che non ha mai avuto volontà di far del male a qualcuno,  ma mi sono ritrovata a coltivare il rancore come una potenzialità. Nelle mie fantasie più sfrenate ho accarezzato l’idea di scaricare la mia rabbia verso qualcuno che lo meriti. Si pone a questo punto il problema di chi meriti una punizione e soprattutto di chi mi darebbe il diritto di farlo.
Assillata da queste considerazioni questo pomeriggio, desideravo rimestare i miei pensieri con la stessa facilità con cui il mio cucchiaino mescolava lo zucchero al tè.

“Hai deciso di non uscire mai più?” mi ha chiesto il coinquilino  entrando in cucina. In effetti da quando ho recuperato l’uso del piede non ho mai passato un’intera serata fuori, per la paura irrazionale di farmi male di nuovo.
Gli ho dato ragione e ho cominciato  a scorrere la rete alla ricerca di qualcosa che valesse la pena fare per interrompere la mia clausura volontaria.
Stavo soccombendo alla frustrazione quando sono incappata nella pagina di un locale che frequentavo in gioventù. L’idea di tornarci per lasciare che il mio potere trovasse libero sfogo su persone dalla dubbia moralità mi ha divertita non poco: ho visto il mio riflesso sorridere malignamente mentre  indossava di nuovo, dopo anni, un bustino goth.

Alcune ore dopo ero davanti all’ingresso del locale, che è ancora come lo ricordavo: decorato in rosso e nero dalla tappezzeria alle pompose sedie barocche sui cui già erano seduti alle dieci della sera i primi predatori. Sono quelli che si siedono da soli con un bicchiere più pieno di ghiaccio che di alcool e che guardano incessantemente verso la porta in attesa che entri una preda interessante.
Mi sono seduta anch’io ad un tavolo, da sola, perché si chiedessero se ero lì per cacciare o per essere predata. Ho chiesto un Long Island con poco ghiaccio e mi sono messa ad aspettare.

In breve uno dei cacciatori ha deciso di fare la mossa di apertura. E’ una partita a scacchi a cui ho assistito spesso in passato, ma non avevo mai sentito l’ago dell’adrenalina pungermi la nuca.
Il cacciatore era un uomo di mezz’età, un mezzo borghese, un mezzo scrittore. Ha snocciolato la presentazione di sé con la sicurezza di un attore da due soldi nell’unico ruolo che conosce. Ho ascoltato, annuito, sorriso. Ho bevuto il mio Long Island con misura e ho dato risposte appuntite che stuzzicano la curiosità.

In breve eravamo già alla parte in cui lui mi chiede quanti anni ho e se mi piace, in un letto, legare o essere legata. < Legata> gli ho risposto. < Se trovo qualcuno all’altezza.>
L’orgoglio in riscossa aveva un odore di dopobarba economico quando il cacciatore, convinto di aver trovato la sua preda,  mi ha sussurrato all’orecchio che sarebbe stata necessaria una corda per dimostrare la sua abilità e che, guarda caso, ne aveva una proprio nel suo privè.
Mi sono alzata con il mio bicchiere in mano e non ho fatto che sorridere. Si è alzato anche lui e mi ha guidata in uno dei salottini in cui i clienti si appartano e, spesso, si accoppiano.

Aveva davvero una corda cerata. Mi ha messo una mano tra il collo e la spalla e mi ha attirata a sé. Non mi avrebbe baciata, è la regola, ma il contatto della sua pelle e i suoi occhi troppo vicini ai miei hanno generato in me un tale senso di repulsione che solo a stento sono riuscita a controllarlo.

Il sangue sembrava scorrere più leggero a causa dell’alcool. L’ho ascoltato montare dal cuore al cervello con il suo carico di rabbia che ho sentito esplodere quando l’uomo mi ha messo una mano tra le gambe, stringendo i miei jeans.
Un istante dopo si accartocciava sul pavimento, spezzato da quel dolore improvviso che gli avevo serrato intorno alla testa. Si premeva le tempie, le dita tra i capelli, gli occhi sgranati per la paura e lo smarrimento. Non capiva, non poteva capire quello che era successo. Cosa gli avevo fatto. Sono uscita dal privè e ho attraversato il locale con il passo deciso di chi non ha più un motivo per restare.

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