"Beh,
Andryad, effettivamente un dottore mi ha visitata. Durante le feste
di Natale sono tornata a casa, lasciando la Toscana per una
settimana. Mio fratello è medico e quindi mi è venuto naturale
chiedere in prima battuta una sua opinione.
Ero
consapevole del fatto che fosse una mossa azzardata. Prima di tutto
perché non è un dermatologo, poi perché è il tipico fratello
maggiore che tratta i più piccoli con superiorità.
E'
uno psichiatra, decisamente bravino, e mi ha guardato il collo
mettendosi a ridere.
“E
te mi rompi le palle la mattina di Natale per un tatutaggio venuto
uno schifo?” è stato il massimo che ho ottenuto. Ho provato a
ribattere che non sono così stupida da farmi tatuare un doppio
uncino sul collo, dovendo apparire in video."Non è un segno
sempre netto – gli ho spiegato – a volte appare nitido, altre
rarefatto".
Allora mi ha controllata con un minimo in più di attenzione, storcendo la bocca. “Sei sempre stata strana, figurati se riesci a farti venire una malattia normale. Non andare dal dermatologo, molto meglio un bravo psicologo.”
E con questa battutina mi ha liquidata e a quel punto mi sono chiesta come mai non riesco a diventare trasparente quando ce ne sarebbe bisogno veramente, tipo durante il pranzo di Natale. Ho provato a concentrarmi mentre provavano a servirmi la seconda porzione di cappelletti in brodo ma nulla, son rimasta sulla sedia visibile a tutti.
L'essere
tornata a casa di mia madre per le feste, comunque, mi ha aiutata a
notare alcuni particolari. Non so se anche i vostri genitori hanno la
simpatica abitudine di raccontare sempre e soltanto gli episodi della
vostra infanzia con i quali possono mettervi in ridicolo. Tipo “vi
ricordate quella volta in cui *** si è messa le dita nel naso
davanti al prete proprio mentre doveva porgere le fedi agli zii che
si sposavano?”
E
tutti giù a ridere, come se non avessero sentito quella storiella
del cavolo mille volte e come se non importasse nulla che avevi,
all'epoca dei fatti, più o meno tre anni.
Compreso
nell'amarcord familiare, anche lo sfogliare vecchi album.Ho sempre
detestato le foto, soprattutto quando mi infilavano il vestitino
buono per mettermi sulle ginocchia dello zio di centodue anni, che
puzzava di fumo e di saliva, gridando “cheese”! Di quei ricordi
mi è rimasta la voglia di vomitare di fronte all'obiettivo e la
precisa intenzione di evitare, da adulta, qualunque macchina cattura
anima.
Riguardando
quelle foto, però, ho notato che sono quasi sempre leggermente
sfuocata. Come se la nebbia mi avvolgesse lievemente.
Da
qua un dubbio, credo, lecito.
Ma
le cose strane che ci stanno accadendo sono in qualche modo legate al
passato o no? Mi spiego meglio: sta diventando conclamato un qualcosa
che portavamo dentro? E se sì, quale può essere il legame con
quello strano segno che ci sta fiorendo sul corpo?
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