giovedì 2 gennaio 2014

Escursione notturna.

L’altra notte sono uscito. Semplicemente, non ce la facevo più dopo giorni chiuso in casa. Ho mentito ai miei familiari e ai miei amici per coprire la mia mancanza ai pranzi di natale, recluso con la spada di Damocle di un congelatore ormai vuoto.
Conosco il quartiere, alle tre di notte è silenzioso: nessuna luce, nessuna auto, nessun passante. Persino i cani dormono. Sono uscito dalla finestra solo perché le chiavi di casa sono troppo ingombranti per me. Meno due gradi e una luna luminosa quanto i lampioni. Gelavo ma non mi importava. Gli stivali di un pupazzo di gomma sono tutto meno che comodi, ma almeno non scivolano sul marciapiede ghiacciato. Camminavo velocemente, per riscaldarmi e non impiegare un’ora solo per arrivare alla fine del muro di casa. A quanto pare ho un buon ritmo. Mentre cerco di pensare a una meta il quartiere finisce e il marciapiede inizia a costeggiare la ferrovia, separato da essa da un fosso che, per me, è un burrone. Potrei superarlo con un salto, pensai. Lo feci. Immaginate il mio disappunto nel vedere i binari schizzare sotto di me e trovarmi a ruzzolare nel bel mezzo di un campo lasciato a se stesso.
Non ero più solo, il quartiere che pensavo di conoscere mi ha mostrato un volto nuovo. Intorno a me correvano, in strani fruscii, malefici occhietti rossi. Mi fissavano dall’erba incolta. Topi di campagna. Nella luce della luna vedevo i loro artigli e le bocche ringhianti. Scattavano in tutte le direzioni, impossibile contarli. Più grossi di me e due volte più lunghi. Arretrai, ma dietro di me c’erano altri topi. Ero circondato. Potevo saltare ma il terreno ghiacciato si era chiuso sugli stivaletti di plastica bloccandomi. Fu un topo a saltare, poi un altro. In un attimo mi ritrovai sommerso da giganteschi topi, con i loro denti affilati e voraci e gli artigli piccoli e taglienti.
Per un istante mi trovai nudo, seduto nel campo ghiacciato, diversi centimetri sopra l’erba dura come metallo. Poi ero di nuovo seduto sulla terra ghiacciata, l’erba più alta di me, gli stivali di gomma strappati vicino ai miei piedi, ancora intrappolati nel ghiaccio, i vestiti del pupazzetto strappati e i topi scappati chissà dove.
Ripensai a cosa era accaduto sopo molto dopo, immerso nell’acqua bollente del bidet. Devo aver corso fino a casa, coprendomi con quello che era rimasto dei vestiti, non ricordo bene. Però ero sicuro di una cosa: per un momento, non so come o perché, ero ritornato alle mie dimensioni.
Di nuovo alto.

Max Steel

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