sabato 18 gennaio 2014

E se fosse divertente?

Per quello che mi riguarda devo ammettere che un cambiamento c'è stato.
Sostanziale, direi.
Sparita la cicatrice?
No, tutt'altro, è sempre più netta.
E' che ho seguito parzialmente il consiglio di mio fratello; invece di andare da uno psicologo, mi sono comprata una pila di libri sul pensiero positivo, cose strane new age. Quindi, alla fine, mi sto convincendo che tutto questo abbia un senso e, per dirla tutta, che è quasi divertente.
Una vita intera passata a lamentarmi continuamente, a piangermi addosso, per arrivare a concludere che sono stata patetica.
Torno a casa con la valigia piena di teorie di Echkart Tolle, Louise Hay, Deepak Chopra, Norman Peale, e scopro alla tenera età di quarant'anni che forse non è tutto da buttare.
Mi presento in televisione con le energie ricaricate e trovo tutto come lo avevo lasciato. Del pazzo omicida seriale nessuna traccia da un po', in compenso l'influenza ha messo al tappeto mezza redazione. Il capo mi chiede se posso gentilmente aiutarli in qualche turno di conduzione del telegiornale.
E' una cosa che odio ma dico sì, in fin dei conti mi hanno sempre trattata con i guanti bianchi, cosa che nella mia caotica metropoli è impensabile.
Le telecamere funzionano perfettamente ma quando arrivo io a sedermi sulla poltrona, iniziano a fare le bizze.
Non c'è verso di mettermi a fuoco.
Il regista impazzisce, mi lancia degli accidenti da far impallidire: scopro che le bestemmie conosciute in Toscana sono molto più articolate di quanto pensassi.
Nel monitor di servizio vedo tutto, non sono mica scema. Le luci sono accese, con quei fari potenti che mettono in evidenza ogni singolo difetto della pelle e dei capelli. Farebbero prima a mandare in onda una radiografia.
«Guarda dritto per favore – sento rimbombare dalle casse – e sorridi, se ti riesce».
Alzo lo sguardo e accenno una smorfia, cercando di evitare di vedere l'effetto finale.
«Ferma, porca puttana, che non riesco a metterti a fuoco» sento gridare dalla regia.
Dieci minuti al tg ed io sono completamente sfuocata.
Entra il regista nello studio sbattendo la porta, mi fa alzare spintonandomi di lato e mette un vaso al mio posto, sulla scrivania. Il vaso è a fuoco, perfettamente.
«E che cazzo – mi sputa in faccia il collega – sei tu che porti male. Com'è possibile che sembri trasparente? Vivi forse accanto ad una centrale nucleare?»
Una cosa del genere, fino a qualche mese fa, mi avrebbe fatto piangere senza ritegno.
Adesso invece mi sento incredibilmente forte, percepisco l'adrenalina che scorre come un torrente nel mio corpo, sono compiaciuta.
Arrivo ad una conclusione: è lo stress allo stato puro a farmi diventare invisibile. Quando capita davanti agli occhi della gente, in qualche modo, la mia immagine resta visibile, sebbene traballante. Quando non c'è nessuno, semplicemente, svanisco.
Una sorta di ancora che getta la mia coscienza, probabilmente. E se invece mi lascio andare completamente, posso diventare invisibile quando voglio…
Beh, ragazzi, sapete cosa vi dico?

Che non c'è da disperarsi, anzi. C'è materiale per divertirsi un bel po', alla faccia di tutti.

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